Tutti noi conosciamo la storia ufficiale. Il 12 Ottobre del 1492 il navigatore genovese Cristoforo Colombo scoprì le Americhe, il nuovo continente. A capo di tre caravelle finanziate dalla regina Isabella di Castiglia, fece vela dal porto di Palos de la Frontera, cittadina spagnola dell’Andalusia, per raggiungere le terre che, secondo lui, si trovavano oltre l’Oceano Atlantico.
Chi ha scoperto l’America?
Scopriremo che molte delle affermazioni che abbiamo fatto all’esordio di questo articolo, e che la maggior parte di noi non mette in discussione, non sono del tutto vere. La prima rettifica che si deve fare, e che ormai è conclamata dalla comunità degli studiosi, è che Colombo non scoprì le Americhe, che erano state raggiunte da navigatori occidentali già molti secoli prima.
I navigatori fenici e cartaginesi erano infatti soliti oltrepassare le cosiddette “Colonne d’Ercole”, vale a dire lo stretto di Gibilterra, per avventurarsi nell’Oceano fino a lontane isole che chiamavano “fortunate“. In molti hanno identificato quelle isole nelle Piccole Antille. I cartaginesi erano formidabili navigatori e non è affatto azzardato ipotizzare traversate transoceaniche.
Che tra Europa, Africa ed Americhe ci fossero contatti già ben prima della “scoperta” di Colombo è tesi avvalorata da alcuni ritrovamenti fatti nelle terre al di qua dell’Oceano (raffigurazioni di ananas negli affreschi romani, foglie di tabacco o coca americana nello stomaco delle mummie).
Secondo altre tesi, anche Marco Polo, autore del celebre libro “Il Milione” e vissuto tra il XIII e il XIV secolo, fu in terra americana. E anche i navigatori vichinghi, con i loro stretti e agili vascelli, intrattennero regolari rapporti commerciali con le parti più a nord del continente. Per dirla in una parola, è quasi certo che Colombo non abbia scoperto l’America, ma si sia limitato a ri-scoprirla.
Cosa cercava Colombo
Fino a che punto Colombo era consapevole di quello a cui sarebbe andato incontro? Sappiamo che egli preparò accuratamente il suo viaggio, per il quale per anni cercò finanziatori. Studiò su mappe antiche e si fece aiutare dai più importanti cartografi del suo tempo. Sappiamo anche che non temeva affatto, come a lungo si è creduto, che temesse di “cadere” dal margine della Terra.
All’epoca del navigatore genovese si sapeva con certezza che la Terra era tonda. Lo scopo di Colombo era dunque quello di aprire una nuova rotta commerciale verso l’Asia. Credeva infatti che il diametro del globo terrestre fosse decisamente inferiore a quanto sia in realtà. Al suo approdo alle Bahamas era convinto di essere giunto in India, e lo pensò per molto tempo.
Queste sono sempre le informazioni ufficiali di cui disponiamo e che vengono tramandate dai libri di storia. Ma ci sono anche altri fattori da tenere in considerazione, che derivano dalle mappe su cui studiò Colombo. Doveva trattarsi di mappe molto antiche, forse le stesse da cui attinsero Piri Reis e Oronteus Finaeus per redigere le loro cartografie.
Colombo pensava ad Atlantide?
Nelle cronache ufficiali non se ne fa menzione, ma il legittimo dubbio sorge: possibile che Colombo non abbia mai pensato, neppure per un momento, che attraversando l’Atlantico avrebbe potuto imbattersi nei resti del continente descritto da Platone? Ruggero Marino, giornalista e scrittore italiano, è convinto che in realtà il navigatore genovese non stesse cercando le Indie, ma fosse invece partito per trovare Atlantide, l’altro continente, lo “otro mundo”, come lo chiamava.
Marino è uno dei maggiori esperti viventi sulla figura di Colombo, che ha studiato in ogni sua sfaccettatura. Leggendo le carte e le lettere, analizzando a fondo gli studi preliminari che vennero fatti prima del viaggio del 1492, Marino si è convinto che Colombo non stesse affatto cercando di raggiungere l’Asia, ma che stesse cercando un nuovo mondo, che in effetti ha trovato. Solo che il mondo che cercava era Atlantide, e non le Americhe.
A testimoniare l’interesse del navigatore verso le terre scomparse c’è anche quanto scrisse suo figlio Fernando, che raccontò come suo padre avesse una passione per gli autori antichi, tra cui Seneca, che parlavano di continenti inabissati. Inoltre Colombo aveva quasi sicuramente con sé, durante il suo viaggio, la mappa di Benincasa, dove erano riportate tre isole. Una è Antilia (Antilla), l’altra è denominata solo “isola selvaggia”.
Quindi si affaccia l’ipotesi che la missione “ufficiale” di Colombo fosse quella di trovare una nuova rotta per l’India e l’Asia; la missione “segreta” era invece ritrovare “l’oro di Atlantide”.
Colombo ha fallito?
Se così fosse, dobbiamo pensare che Colombo abbia fallito in ogni caso. Pensava di arrivare in Asia e invece trovò le Americhe. Voleva scoprire le vestigia di Atlantide, e invece le stiamo cercando ancora oggi. Però il suo viaggio ha un innegabile pregio: quello di aver riaperto le antiche “rotte commerciali” che collegavano non l’Europa e l’Asia, ma Africa, Europa e Medio Oriente con Atlantide.
Scrive infatti Ignatius Donnelly che Colombo salpò da un porto che, con tutta probabilità, era stata una colonia atlantidea, vale a dire un avamposto fenicio. E se Colombo, continua Donnelly, arrivando alle foci del fiume Orinoco credette di aver trovato il Paradiso Terrestre, non era andato molto lontano dalla verità, perché stava ridisegnando il volto della Terra come doveva essere prima del Diluvio Universale.
Le acque dell’Atlantico celano le prove di quello che vogliamo credere vero, oppure nasconde un’inconfutabile negazione dell’esistenza di Atlantide, Ma se oggi possiamo interrogare l’Atlantico, è solo grazie al coraggio di un navigatore che voleva “buscare el levante por el ponente”. Anche se la figura di Colombo ha subito un duro giudizio dalla storia, non possiamo che invidiare, e cercare di emulare, il suo spirito pionieristico.