Esistono alcuni simboli che vengono definiti archetipici. Sono quelli che sembrano appartenere ad una sorta di memoria collettiva dell’Uomo. Sono quelli che si trovano ripetuti in diverse parti del mondo, in diverse epoche, con qualche variante ma con lo stesso, sostanziale significato. Un simbolo archetipico molto antico, che si trova ripetuto in molte civiltà antiche e perfino moderne, è quello del labirinto. Questo simbolo antico ricorre frequentemente, tanto da rendere difficile scoprire la sua vera origine primigenia. Proviamo a scoprire il vero significato del labirinto.
Il “vero” labirinto
Cominciamo chiarendo subito un concetto che potrebbe non essere del tutto intuitivo: dobbiamo infatti definire con precisione di quale labirinto stiamo parlando esattamente. In genere per “labirinto” noi intendiamo una serie di cunicoli e angoli ciechi nel quale ci si può perdere. In tal senso è più che altro un rompicapo, un rebus da risolvere in quanto solo una è la strada che conduce all’uscita. Le altre sono chiuse e non conducono in nessun luogo.
Il labirinto archetipico è un’altra cosa, in quanto è formato da un unico lungo corridoio, che si diparte dall’inizio, arriva al centro , gira su se stesso e poi torna fuori. Nel suo aspetto tipico è fatto di sette giri concentrici. Dunque non è un rebus, al suo interno non ci si può perdere. Il significato simbolico che viene attribuito a questo tracciato è quello del percorso iniziatico o alchemico.
L’individuo deve compiere un viaggio dentro se stesso, fino al suo centro, fino al luogo più oscuro che alberga nella sua anima. Questa strada non è dritta, è tortuosa, ma non ingannevole. Solo una volta che ha trovato la sua vera essenza, che è arrivato al midollo delle cose, può tornare indietro, al mondo, e portare con sé ciò che ha appreso. Ti stupirà sapere che il celeberrimo “labirinto del Minotauro” non è altro che questo.
Nel suo viaggio fino al centro del palazzo di Cnosso, l’eroe Teseo non corre il rischio di perdersi: corre il rischio di non riuscire a tornare indietro una volta che avrà fronteggiato il mostro, il Minotauro. Il Minotauro sono le sue paure, le sue debolezze, le sue deformità interiori. Il filo di Arianna non serve per ritrovare la strada, ma solo per non dimenticare. Ecco dunque che il “vero” labirinto è solo una spirale che si aggira su se stessa per condurre sempre a casa.
Origine del labirinto
Da un punto di vista prettamente etimologico, pare che la parola “labirinto” derivi proprio dal palazzo di Cnosso. Su di esso era riportata un’ascia bipenne, che in linguaggio minoico si diceva “labrys”. Il termine in sé, dunque, non avrebbe alcuna attinenza con il tracciato così come lo intendiamo noi. Ma il labirinto è molto, molto più antico della civiltà minoica: se ne trovano testimonianze fin dall’epoca Neolitica.
Ciò che incuriosisce maggiormente rispetto a questo simbolo è proprio il fatto che sembra essere condiviso praticamente da ogni civiltà umana, da quelle più antiche alle più recenti, da quelle vissute negli angoli più remoti del globo fino a quelle più vicine a Creta e alla Grecia. Nessuno può rivendicare la paternità del simbolo del labirinto, che sembra essere realmente “patrimonio dell’Umanità”.
Va notata un’ultima cosa: che al centro del labirinto di cui stiamo parlando c’è sempre una croce. Il suo tracciato comincia infatti con due linee rette che si incrociano formando quattro angoli di 90 gradi. Questa è la raffigurazione che solitamente si dà anche del Paradiso Terrestre, il luogo in cui si incrociano i fiumi della vita. L’iconografia del labirinto, ovvero, unisce sia linee rette che linee curve in modo curioso e primordiale.
Come dicevamo, oggi la lettura che si dà di questa figura è prettamente e meramente simbolica. Non è detto però che l’interpretazione che i moderni hanno dato di un simbolo tanto ricorrente sia quella giusta. Il presupposto da cui si parte è che il labirinto sia comune in diversi consessi umani, separati tra loro o dai secoli o dai chilometri, semplicemente in modo innato, inconscio, per così dire, casuale. Un po’ la stessa cosa che si dice delle piramidi. Possibile?
Labirinti nel tempo
Facciamo una rapida carrellata sui labirinti più importanti di cui abbiamo ritrovato traccia. Nei primissimi esempi si tratta di petroglifi, ovvero di simboli che sono stati incisi nella roccia. Il labirinto di Mogor, a Pontevedra, in Spagna, risale al 1800 avanti Cristo circa, in base alle datazioni ufficiali. Si tratta di numerose incisioni, e non di una sola, che forse sono le più antiche che testimoniano l’uso di questo petroglifo tra le civiltà antiche.
Possiamo poi citare il labirinto che si trova nel Parco Nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, in Val Camonica, in Italia. Identico a quello citato in precedenza, potrebbe risalire addirittura all’epoca neolitica (8000-4000 avanti Cristo). Fin qui, siamo ancora più o meno in area mediterranea: ma il simbolismo del labirinto si trova anche nel Nord Europa.
Ci sono esempi in Scozia, ad Achnabreck, e in Irlanda, a Knowth (tanto per citare i più interessanti). Il reperto più famoso dell’Irlanda è la celebre “Hollywood Stone“, che però risale all’epoca medievale, per quanto non sia mai stata datata con precisione. Ma per trovare altri labirinti possiamo spaziare un po’ ovunque nel mondo, dall’India al Perù (una delle celeberrime linee di Nasca è un labirinto), dalla Finlandia all’Egitto.
Se c’è qualcosa che possiamo definire “universale” è proprio il simbolo del labirinto, il quale in età medievale venne abbondantemente usato nelle chiese per indicare il percorso spirituale che dovevano compiere i pellegrini. Il simbolo ha attraversato i secoli e i millenni senza mutare forma, rimanendo praticamente identico a se stesso, a volte di forma circolare e solo raramente di forma quadrata. La domanda è: da dove viene?
Una matrice comune
Ancora una volta, come nel caso delle piramidi, troviamo un po’ ingenuo, o quantomeno riduttivo, liquidare la presenza universale del simbolo del labirinto come una “coincidenza”. Sembra molto più ragionevole ipotizzare una fonte comune, una matrice primigenia che poi ha diffuso le sue spore in tutte le civiltà mondiali. Le ipotesi che si possono fare sono due.
La prima parte da Mu. Nei suoi volumi, il colonnello Churchward illustra ampiamente i simboli da lui ritrovati (le tavolette di Naacal) e quelli rinvenuti dal professor Niven. Ci sono parecchie spirali, la cui evoluzione può essere stata il labirinto, ma soprattutto c’è la svastica. La svastica ha due linee rette incrociate ed egli uncini. Dal suo movimento, si disegnerebbe una spirale/labirinto.
La seconda ipotesi (che non esclude la prima) è Atlantide. Molti commentatori hanno osservato come la descrizione che Platone fa della sua capitale, costruita in parte sull’acqua e in parte sulla terra, sembrerebbe descrivere una spirale fatta di cerchi concentrici. Il labirinto potrebbe essere la semplificazione grafica di quella città fatta di oricalco e metalli splendenti.
Sono solo sciocchezze? Parecchi rispondono di sì, che l’archetipo del labirinto è innato in ognuno di noi. Ma quando lo guardiamo a noi sembra più parlare di un luogo concreto che di un luogo astratto. Nel suo vorticare verso il centro, chissà che non possa condurci, con il tempo, all’esatta spiegazione di tutte le cose.