Una delle più importanti espressioni della cultura di una civiltà è il tipo di scrittura che usa per dare forma al suo linguaggio orale. Come saprai, l’alfabeto latino non è che uno dei tanti esistenti al mondo: tra quelli più vicini a noi possiamo citare l’alfabeto greco, il cirillico, l’arabo, per poi arrivare più lontano agli ideogrammi cinesi e giapponesi. Se poi vogliamo gettare uno sguardo dietro le spalle e guardare alle civiltà antiche, troviamo ancora tanti altri tipi di alfabeto.
L’Antico Irlandese veniva scritto in un alfabeto del tutto peculiare che viene fatto risalire ai Druidi, e con tutta probabilità fu inventato da loro solo in periodo tardo, quando il loro culto stava declinando. I Druidi, infatti, non si fidavano della parola scritta, e tramandavano la loro conoscenza solo per via orale.
L’Alfabeto Ogamico
Per la civiltà druidica la connessione con la natura era vissuta in modo assai più viscerale e completa di quanto non accada per noi oggi. Tra tutte le essenze del mondo vegetale erano gli alberi ad essere tenuti in maggiore considerazione, tanto che abbiamo visto come anche il calendario celtico si basasse su alcuni alberi ritenuti di particolare rilevanza.
La scrittura che fu inventata dai Druidi si basa sul cosiddetto Alfabeto Ogamico e si ispira proprio agli alberi. Infatti essa si leggeva non da sinistra a destra, come la nostra, e neppure da destra a sinistra, ma dal basso verso l’alto, perché questa è la direzione in cui crescono gli alberi. Inoltre era scritta su pezzi di legno, e questa, ahinoi, è la ragione per cui ne abbiamo così poche testimonianze. Con il tempo il legno deperisce; i pochi reperti rimasti erano quelli incisi su pietra.
L’alfabeto ogamico deve il suo nome al dio Ogma, una divinità che possiamo associare grosso modo a Marte e che faceva parte del pantheon celtico. Secondo un’altra curiosa leggenda, esso fu inventato dal re sciita Fenius Farsa dopo la distruzione della Torre di Babele, ed eletto come espressione della migliore lingua esistente. Insomma possiamo considerare la lingua ogamica una sorta di “esperanto“.
Le lettere dell’Alfabeto Ogamico: gli Ogham
Le lettere dell’alfabeto ogamico sono venti e sono chiamate “feda“, termine che vuol dire “albero“. Sono divise in quattro “aicme” (famiglie) ognuna di cinque lettere. Le lettere sono molto semplici: sono formate da una linea verticale e cinque segni diversamente orientati: verso l’alto, verso il basso, perpendicolarmente, a destra o a sinistra dell’asse centrale. Si pensa che questi segni esprimessero anche una sorta di “alfabeto muto” che poteva essere espresso muovendo e toccando le dita della mano.
Ecco i venti feda, divisi in aicme:
- Prima aicme: B beith (betulla); L luis (sorbo); F fearn (ontano); S saille (salice); N nuin (frassino)
- Seconda aicme: H úath (biancospino); D duir (quercia); T tinne (agrifoglio); C coll (nocciolo); Q ceirt (melo selvatico)
- Terza aicme: M muin (vite); G gort (edera); NG gétal (giunco); Z straif (prugnolo); R ruis (sambuco)
- Quarta aicme: A ailm (abete argentato); O onn (ginestrone); U úr (erica); E edad (pioppo bianco); I idad (tasso)
Cosa si Scriveva con l’Alfabeto Ogamico
A tutti gli effetti, l’alfabeto ogamico ci appare, per quel che possiamo dedurre, molto di più di un semplice modo di trascrivere le parole. Ogni lettera era pregna di significati simbolici ed esoterici che trascendevano la mera trascrizione: ogni lettera, ogni ogham, aveva il potere che gli derivava dell’albero da cui prendeva il suo nome.
Se si pensa che anche il linguaggio dei Druidi era più che altro un linguaggio iniziatico, tanto che restò loro esclusivo appannaggio finché la loro cultura non cominciò a declinare, si capisce come ogni Ogham avesse un potere che racconta della complessa concezione del mondo celtica. Gli Ogham erano dunque usati anche per praticare le arti divinatorie: incisi sul legno e gettati in terra, o estratti a caso, erano in grado di dare risposte a chi li interrogava, o di prevedere l’esito di una battaglia, o di un evento importante.
Facile liquidare tutto questo come credenze superstiziose di un popolo antico, ma la verità è che quel popolo antico viveva ancora un contatto intimo e viscerale con la natura che noi abbiamo perso del tutto. I Celti erano cioè in grado di percepire voci, vibrazioni e sensazioni per noi purtroppo perdute per sempre.
O non è così? Forse anche noi possiamo provare a parlare quel linguaggio che si perde nella Notte dei Tempi, e ricevere qualche risposta ai numerosi enigmi che ci tormentano. Il requisito essenziale, però, è avere fede: non fede nel fatto che un legnetto possa parlare, ma nel fatto che porgendo orecchio possiamo ritrovare la parte più intima e pulita di noi. Perché gli Ogham sono espressione di un’Umanità più vera, un’Umanità che sapeva rispettare il Mondo in cui viveva e che, di conseguenza, da quel Mondo veniva amato e protetto, e anche consigliato.