Una delle civiltà precolombiane che da secoli affascina maggiormente gli archeologi è la Maya. I Maya sono noti ai più semplicemente per le loro profezie sulla fine del mondo (l’ultima doveva accadere nel 2012). In realtà la loro cultura presenta moltissimi aspetti interessanti, come ad esempio l’uso che facevano dei cosiddetti “cenotes“.
La Penisola dello Yucatan e i cenotes
I Maya si svilupparono in centro America a partire dal 2000 circa avanti Cristo. La loro area di influenza era molto vasta e arrivava fino alla penisola dello Yucatan. Qui si può ammirare ancora oggi una delle piramidi più imponenti costruite da questa antica popolazione, la piramide di Kukulkan detta anche Il Castillo, eretta tra il IX e il XII secolo. Inoltre, qui si trovano delle conformazioni naturali davvero uniche, dette cenotes.
I cenotes hanno un legame molto forte con la civiltà Maya, per quanto oggi siano poco più che attrazioni turistiche. Si tratta di “buchi” che si aprono nel terreno e che risalgono, secondo i geologi, all’ultima glaciazione. Dentro ai buchi, in profondità, si possono vedere le acque cristalline di un bacino acquifero sotterraneo. Lo spettacolo è mozzafiato, le acque di un blu intenso.
Nello Yucatan ci sono oltre 2500 cenotes, ma il più importante fu scoperto nel 1904 all’interno del parco archeologico di Chichén Itzà da Edward Herbert Thompson. Fu chiamato Sacro Cenote Azul per via dell’incredibile colore indaco che hanno le sue acque. Infatti è profondo 40 metri, ha un diametro di 60 metri e il livello dell’acqua si trova a 26 metri dalla superficie. Ma ciò che davvero il Sacro Cenote ha da raccontare si trova sotto quelle acque profonde e limpide.
La scoperta di Edward Herbert Thompson
Nel 1879 Thompson aveva pubblicato un libro dal titolo abbastanza chiaro: “Atlantis: Not a Myth” (“Atlantide: non solo leggenda”). Per quanto in seguito ritrattò le sue teorie, l’archeologo dilettante, partendo dal racconto platonico, si diceva convinto che la civiltà Maya fosse il più chiaro retaggio del popolo atlantideo. Ancora oggi molti sostengono questa stessa tesi. Fatto sta che Thompson si recò in Yucatan per condurre delle ricerche personalmente.
Non a caso da molti la sua figura viene accostata a quella immaginaria di Indiana Jones: Thompson praticò un tipo di archeologia avventurosa e pionieristica che però dette buoni frutti. I suoi studi partirono da una fonte ben precisa, ovvero gli scritti redatti dal Vescovo Diego De Landa agli inizi del Cinquecento. Il religioso si era macchiato di un grave peccato: aveva distrutto la maggior parte degli scritti maya trovati dai Conquistadores.
In seguito però il re di Spagna ordinò all’uomo di mettere nero su bianco tutto ciò che ricordava di quanto aveva distrutto. Fu leggendo le memorie di De Landa che Thompson venne a sapere dell’esistenza di un cenote diverso dagli altri, considerato sacro. I Maya credevano che fosse la porta per comunicare con gli dei, e la usavano per placarli con sacrifici, anche umani.
Il Sacro Cenote Azul
Thompson trovò il cenote descritto dal vescovo e si organizzò per effettuare delle immersioni. Dapprima si arrangiò con un’attrezzatura rudimentale, poi chiese l’intervento di un sub professionista che veniva dalla Grecia. I reperti che emersero dal fondo del pozzo blu erano di inestimabile valore e ancora oggi costituiscono alcuni dei pezzi più belli che appartengano alla civiltà Maya giunti fino a noi.
In fondo al cenote c’erano oggetti devozionali d’oro, statue e idoli, ma anche tante altre suppellettili. Infine, vennero trovati anche degli scheletri, il che confermò il fatto che il cenote era anche un pozzo sacrificale. Si trattava dei resti di giovani donne che venivano offerte alle divinità maya soprattutto, in base a quello che scrive de Landa, in caso di siccità.
Se a noi fa orrore l’idea di un sacrificio umano, bisogna però ricordare la particolare concezione della religione che avevano i Maya. Per loro la morte era solo un modo per passare nel mondo dove abitavano le loro divinità, molto più concrete e reali di quanto non sia il concetto di dio per noi occidentali. Ecco perché in molti credono che le divinità maya altro non fossero che gli uomini venuti da Atlantide.
Kukulkan, Quetzalcoatl, Itzamna
La civiltà Maya e quella Azteca sono lontane e differiscono per molti aspetti, ma ce n’è uno in cui si assomigliano moltissimo: la religione. Il dio più importante del pantheon azteco, Quetzalcoatl, presenta delle similitudini impressionanti con Kukulkan, cui è dedicata la grande piramide di Chichén Itzà e che ha, come Quetzalcoatl, l’attributo di dio-serpente.
Ma le divinità venerate da Maya, Aztechi e Inca erano molto numerose. Ad esempio,Chichén Itzà fu fondata da un sovrano-dio chiamato Itzamna. Questi era detto “il Signore della Notte e dei Cieli”, governava le piogge, insegnò agli uomini a leggere e scrivere. La sua effigie, come drago a due teste o vecchio con il naso adunco, si trova frequentemente sulla piramide di Kukulkan, poiché fu Itzamna a fondare Chicén Itzà, a cui diede anche il suo nome.
Platone, parlando di Atlantide, dice che fu fondata da Poseidone e poi divisa tra i suoi nove figli. Itzamna potrebbe essere il nono figlio, Azaes, mandato a colonizzare lo Yucatan. Ad avvalorare questa tesi c’è Il Castillo, la Grande Piramide che cela altre due piramidi dentro di sè. Essa sorge sulla falda acquifera sotterranea che collega i cenotes ed è sorretta da colonne scolpite con fattezze umane dette “atlantes”.
Da uomini a dei: il destino di Atlantide
Se visiti oggi il Sacro Cenote Azul puoi, con grande cautela, farci il bagno dentro. Bisogna fare un po’ attenzione ai suoi abitanti, pesci gatti e pipistrelli, e alle rocce scivolose. Un brivido corre giù per la schiena, pensando che lì hanno incontrato la morte tante persone. Ma osservando quelle acque dal colore incredibilmente puro, sembra meno difficile credere ad Atlantide, il continente circondato dall’Oceano.
I Maya raccontano di dei che assomigliano tanto agli uomini, a volte spietati, a volte giusti, ma che sempre hanno portato crescita, benessere e nuove conoscenze al loro popolo. La spettacolare struttura delle piramidi maya, così singolarmente simili alle loro gemelle egizie, insinua un legittimo dubbio. Chi insegnò alle popolazioni centroamericane a costruire con tanta maestria? Forse un popolo più evoluto, venuto da lontano, che si specchiava nelle chiare acque dei cenotes come nella sua patria poteva fare nelle onde dell’Oceano.