Parliamo di fate e pensiamo alle svolazzanti creature dotate di ali e cosparse di polvere magica. Oppure, parliamo di fate e pensiamo a piedi caprini che battono rapidi sulle rocce, al ritmo del saltarello. Tutt’al più se pensiamo alle fate ci figuriamo una donna con capelli turchini, una bacchetta in mano e un cappello a forma di cono in testa. Chi mai penserebbe al destino e alla morte?
Il Destino nel Nome
Per i Celti le fate erano un retaggio antico, quel che è sopravvissuto delle loro numerose divinità quando l’Impero Romano soggiogò la loro antica civiltà. Nel mondo anglosassone il termine “fata”, fairy, indica in generale tutto lo stuolo di creature magiche che popolano il folklore locale. Da noi le fate sono donne sagge che aiutano le giovani nelle faccende domestiche.
Insomma, dovunque si vada le fate sono creature simpatiche, spesso amichevoli, a volte anche buffe, ma niente di più che questo. Solo nel mondo celtico troviamo invece un’origine più elevata, quasi divina, che è quella che poi si avvicina meglio alla vera natura delle fate.
Perché la loro vera natura sta tutta nel nome, ci hai mai pensato? Il “fato” è il destino ineluttabile, è ciò che ci attende oltre le nostre azioni. Non ti pare che la parola fato assomigli molto a “fate”? Non è una coincidenza, hanno proprio la stessa origine latina, “fatum“, parola neutra che, al plurale, si declina “fata“. Questo termine vuol dire “destino“.
Fate, o Moire
“Tria Fata” era il nome che avevano delle statue collocate presso il tempio di Giano a Roma, le quali raffiguravano le Parche. Le Parche erano divinità che, come di consueto, i romani avevano mutuato dai greci. In Grecia il loro nome era Moire, parola che significa, guarda un po’, destino.
Le Moire hanno un’iconografia molto vasta. A volte sono raffigurate come vecchie, in altri casi sono giovani donne. Sovente sono una giovane e rassicurante, una vecchia e incanutita, un’altra ammantata di nero. Sono sempre tre, e ognuna di loro ha un nome e un compito ben preciso. Questo resta invariato tanto nella religione greca che in quella romana.
Cloto
Cloto è la prima delle tre Moire, quella che a volte appare come una giovane ragazza dallo sguardo triste. Il suo nome significa “io filo”, ed è esattamente questo quello che fa, dando forma al filo tra le sue lunghe ed esperte dita.
Lachesi
Lachesi è una donna vecchia che tiene in mano il fuso. Il suo nome vuol dire “ricevo in sorte”, e lei ha il compito di avvolgere il filo intorno al suo fuso.
Atropo
Atropo, l’implacabile, la senza pietà, è colei che tiene in mano un paio di lunghe forbici. Con queste forbici, recide il filo che con tanta cura è stato creato da Cloto e filato da Lachesi.
Il simbolismo è piuttosto chiaro: il filo di cui parliamo è il filo della vita di ogni uomo. Le Moire sono dunque la sorte, il destino, il fato, che decide chi siamo, come viviamo e, infine, come e quando moriamo.
Da Moire a Fate
Il tempo passa, i miti scolorano, ciò che un tempo aveva grande importanza viene rimpicciolito, dimenticato, reso fantastico e quasi sciocco. Così le possenti Moire, che non venivano temute solo dagli uomini ma anche dagli dei, sono diventate piccole fate. Le loro bacchette sono forse ciò che resta del fuso di Lachesi.
Eppure scoprire da dove derivano queste figure fantastiche dovrebbe farci riflettere un po’ di più. Naturale che nel mondo contemporaneo le Moire vengano liquidate come parto di una fantasia troppo accesa. Noi non accettiamo l’idea che esista un “destino”, crediamo di avere le nostre vite nelle nostre mani e che nessuno possa influenzare il nostro percorso.
Ma ancora oggi è Lachesi che intesse il filo della tua vita. Ciò non vuol dire che decide per te: solo che ci sono giri inevitabili che quel filo farà e che tu dovrai affrontare come meglio puoi. E infine, quando Atropo avrà deciso, non sarai tu ad impedirle di recidere il tuo filo, nel modo e nel tempo che lei vorrà.
Lasciati guidare dalle Fate
Le piccole fate, le fate con i piedi di capra o con il cappello a punta, eredi delle Moire della leggenda, ci ricordano che c’è qualcosa di ineluttabile nell’esistenza umana. Questo non ci deve spaventare, né intristire: ci deve spingere a usare il nostro libero arbitrio, laddove possiamo, al massimo delle nostre capacità.
Non lasciare mai che gli altri decidano per te, non piegarti a quello che non ti piace, non accettare una vita di quieta disperazione. Ci saranno cose che non potrai cambiare: sforzati di cambiare sempre quello che puoi. Nel filo che Cloto ha tessuto per te c’è tutto quello che ti serve per rendere la tua vita straordinaria.
Le Fate, i destini degli Uomini, non sono scritti in senso assoluto. Ci sono pagine che vengono lasciate a te, e la consapevolezza che altre invece sono già state riempite ti deve dare la spinta a scrivere parole indimenticabili. Talmente indimenticabili che potrebbero anche dare un senso del tutto diverso all’intero libro.