Colui che per primo ha raccontato di Atlantide fu Platone (428-348 avanti Cristo, più o meno). Platone è stato uno dei più grandi filosofi greci: le sue speculazioni costituiscono ancora oggi le fondamenta della filosofia moderna. Ciononostante, quando nel “Timeo” e nel “Crizia”, due delle sue opere, racconta dell’esistenza di un grande continente affondato nel mare, nessuno crede che parli sul serio. Perché non crediamo all’esistenza di Atlantide?
Una pura allegoria
Platone è una fonte più che attendibile: oltretutto racconta di aver sentito a sua volta la storia di Atlantide da Solone. Solone è stato un altro grande personaggio della Grecia Antica e sappiamo per certo che viaggiò fino all’Egitto. In Egitto avrebbe appreso la storia di Atlantide, conservata nella memoria dai sacerdoti egizi. Anche Solone è una fonte più che attendibile. Ciononostante, gli storici affermano con certezza che quella di Atlantide è una storia puramente allegorica.
Che cos’è un’allegoria? L’allegoria è una figura retorica attraverso la quale si vuole trasmettere un insegnamento in modo figurato. Le parabole di Gesù erano allegorie: raccontavano storie che avevano un significato diverso da quello letterale. I “talenti” non erano monete, ma le capacità che ognuno di noi ha e dovrebbe usare, ad esempio. Un oggetto reale sta quindi a simboleggiare qualcosa di immateriale.
Lo stesso si pensa di Atlantide: non è mai esistita, ma Platone se l’è inventata per trasmettere un insegnamento morale. Platone dice che gli abitanti di Atlantide, essendo semidivini, avevano alte qualità e virtù. Però se le dimenticarono, divennero gretti, avidi ed egoisti, e ciò segnò la loro fine. Fu la loro smania di potere a causare la fine di un grande impero che invece sarebbe dovuto durare fino alla fine dei tempi.
Ergo, Platone ci vuole dire che non dobbiamo essere gretti, avidi ed egoisti, altrimenti faremo la fine degli abitanti di Atlantide e tutto ciò che costruiamo finirà sommerso: non dalle acque, ma dai marosi del tempo. Molto rassicurante vederla così, no? La “favoletta” di Atlantide sarebbe un po’ come le raccomandazioni della mamma: molto corretta e piena di verità, ma innocua. Anche se non seguiamo il suo insegnamento, potremmo sempre farla franca. Altro paio di maniche, invece, se pensiamo che questa storia sia vera, e non sia solo un racconto, ma un ricordo.
Un ricordo antico
Prove materiali e immateriali sembrano sostenere che Atlantide sia esistita davvero. Anche di fronte a tali prove, si continua a negare un’evidenza che spiegherebbe molte cose del nostro passato remoto. Allora, perché si nega? Non è solo cieca ottusità. Il fatto è che ammettere che davvero Atlantide è esistita significa ammettere anche che è scomparsa, cancellata dalla faccia della Terra tanto che non ne restano che pochi lacerti sparsi.
Conseguenza: se questo è già accaduto, può accadere ancora. Decisamente più drammatico e stringente di una mera allegoria, un resoconto storico ci fa capire che non siamo affatto al sicuro come ci piacerebbe credere. D’altro canto, non serve credere ad Atlantide per sapere che non siamo eterni. Se si sono estinti i dinosauri, perché non potrebbe accadere lo stesso anche agli esseri umani? Se Atlantide è sprofondata, perché persino i nostri imperi non potrebbero un giorno venire spazzati via da questo pianeta?
Qualcuno obietterà che è “impossibile”. L’Uomo è una creatura eccezionale, che ha il potere di plasmare le cose a sua immagine e somiglianza. L’Uomo non è solo semi-divino: si ritiene ormai divino, tanto da manipolare le leggi di Natura a suo esclusivo beneficio. Non ci vuole molto per capire che il “peccato” compiuto dagli atlantidei fu esattamente questo: credersi superiori a leggi che hanno voluto sfidare.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la religione. Non c’è nessun Dio che punisce o premia o, per meglio dire: nessun Dio punisce o premia. Tutto questo ha a che fare con il semplice equilibrio sul quale si regge la Vita, che è l’unica cosa veramente sacra che esista nell’Universo. E la vita non è solo quella umana, ma anche quella animale, vegetale, minerale. Tutto nel Cosmo ha una sua peculiare Vita, che sussiste solo in correlazione e simbiosi con tutte le altre.
Catastrofi a scelta
Credere nell’intima coerenza dell’Universo non è una sorta di animismo primitivo, ma è il nucleo stesso della scienza moderna. Sempre più si va scoprendo quanto ogni cosa – dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande – risponda alle stesse regole. Il segreto del perpetuarsi di ogni forma di Vita sta nell’osservarle, nel non turbarle: perché basta un piccolissimo spostamento e può essere la catastrofe, l’apocalisse.
Isaac Asimov (1920 – 1992) è stato uno degli scienziati più brillanti del secolo scorso, e uno degli scrittori più prolifici. Nel praticamente sconfinato corpus delle sue opere c’è un libro meno noto, ma decisamente illuminante. Si intitola “Catastrofi a scelta” e cerca di fare luce sull’evento che più di ogni altro ci angoscia, a livello collettivo: quello che definiamo la “Fine del Mondo”.
Con rigore scientifico e argomentazioni inequivocabili, Asimov passa in rassegna tutta la casistica di eventi che potrebbero scatenare la “Fine del Mondo”. Il panorama sul quale fa luce parte dall’Universo nella sua interezza per poi restringersi sempre più nel particolare. Asimov, esaminando una ad una le possibili eventualità catastrofiche che potrebbero verificarsi, ci dimostra come spesso siano decisamente remote.
Non remote nel senso in cui non esiste la possibilità che si verifichino: tutto accadrà, un bel giorno. Un giorno il Sole si spegnerà e la Terra si farà fredda: questo accadrà con la certezza con cui sappiamo il nostro nome. Ma si parla di tempi così lontani che non ha senso preoccuparsene ora: e poi, chissà, all’epoca l’Uomo potrebbe aver trovato un migliaio di modi per sopravvivere alla Morte del suo Pianeta.
La Terra è Atlantide
Arrivando agli ultimi capitoli del suo libro, Asimov parla delle catastrofi che potrebbero essere ingenerate dall’essere umano con il suo comportamento. Appare subito chiaro che se c’è una “apocalisse” possibile e imminente, è quella a cui potremmo dare vita con le nostre mani. Forse l’abbiamo già innescata: ma Asimov, con la sua innata fiducia nel genere umano, continua a prospettare il meglio. Una mente razionale come la sua non poteva concepire che l’Uomo potesse arrivare a farsi del male volontariamente.
L’apocalisse sta avvenendo? Se la intendiamo non come “Fine del Mondo”, ma come fine di un’era, la risposta è sì. Atlantide sta affondando di nuovo, e non è un’allegoria: è la realtà che accade di nuovo, come già è accaduto in passato. Perdendo la memoria, siamo condannati a ripetere gli stessi errori. La nuova Apocalisse si chiama “cambiamento climatico”.
Cos’è che sommerse Atlantide? Fu un grande diluvio, una meteora, un’eruzione, un innalzamento improvviso dei livelli del mare? Non lo sappiamo con esattezza, come non sappiamo quali forze potrebbero aver scatenato gli atlantidei nel tentativo di irretirle e trarne profitto. Quello che è certo, è che è da una sessantina di anni a questa parte che l’Uomo fa la stessa cosa. Con presunzione, crede di poter dominare la Natura, plasmandola a suo piacere.
Costruisce là dove non dovrebbe, scava cose che dovrebbero restare celate, produce scorie e rifiuti che non basterebbero svariate migliaia di anni per smaltire. La Terra, turbata e violentata nei suoi meccanismi più profondi, basilari, e delicati, rabbrividisce e trova in sé la forza di guarire e di rinascere. Poiché la Madre Terra – e lo sapevano i Celti, lo sapevano i Nativi Americani, lo sapevano quelle civiltà nate dalle macerie di Atlantide – rigenera se stessa… ad ogni costo.
Non siamo esseri privilegiati
L’Uomo commette l’errore di sentirsi “privilegiato”, intoccabile: come se potesse fare e disfare senza essere sottoposto – come ogni cosa nell’Universo – alle medesime Leggi che governano astri, pianeti, buchi neri, piante, rocce, animali vertebrati e invertebrati. Queste Leggi, se violate nella loro intima essenza, non esigono tribunali e non danno pene, né multe. Semplicemente continuano a funzionare, eliminando ciò che impedisce il loro corretto procedere.
Quello che è stato fatto al Pianeta assume ormai contorni apocalittici: indietro non si torna. Non c’è modo di ripulire il mare o di far tornare limpidi i fiumi. Non si possono bonificare i terreni insozzati da sostanze aliene, non si possono riportare in vita gli animali morti negli incendi dell’Australia, né far rinascere gli alberi abbattuti o finiti in cenere. Poiché il Ciclo della Vita può solo andare avanti, in un eterno ritorno. Ciò che è morto tornerà, in una nuova forma.
Ma affinché ciò possa accadere è necessario che venga estirpato ciò che ha turbato l’equilibrio, che venga meno l’elemento di disturbo che ha causato l’anomalia del Sistema Terra. Ed è chiaro che tale anomalia è l’Uomo. Atlantide si inabissò: non perché un dio irato abbia sollevato i mari, ma perché la Natura ha fatto ciò che da sempre fa: ha creato le condizioni per il perpetuarsi della Vita.
Le rovine in mezzo alla giungla sono i resti di un’Umanità dispersa che è rinata dalla sua rovina e ha ricominciato su nuovi presupposti. Ma ora abbiamo dimenticato di nuovo, e stiamo andando incontro alla stessa dinamica. C’è tempo per rimediare? Probabilmente no: i pallidi palliativi non possono molto contro il cieco avanzare del Profitto e dell’Arroganza. Possiamo solo piantare semi, che tornino a dare frutto in tempi migliori, quando la Terra si sarà sanata. E l’Umanità che verrà – se verrà – sarà migliore, e magari stavolta cercherà di non dimenticare l’insegnamento del passato.
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