Quando studiamo le antiche civiltà, ci piacerebbe sempre avere a disposizione delle fonti scritte che possano fare maggiore chiarezza. Purtroppo però, quando si parla di popolazioni che sono vissute molti secoli, magari millenni fa, è chiaro che non si possano trovare testimonianze scritte. A meno che esse non siano state lasciate sulla pietra. I petroglifi sono una fonte di molte informazioni, ma spesso sono difficili da interpretare. Un esempio tipico è la Pedra do Inga, un messaggio che viene da lontano e che noi non siamo più in grado di leggere.
Una pietra molto criptica
Chi ha inciso la Pedra do Inga, cosa vogliono dire i simboli che ci sono incisi sopra? Queste sono le domande che assillano gli studiosi da decenni, senza che possano trovare una risposta univoca. In tanti hanno dato il loro contributo, ma la verità resta ancora celata agli occhi di noi moderni. La Pedra do Inga viene considerata la testimonianza più importante dell’uso dei petroglifi nelle civiltà antiche. Osservando la bellezza delle iscrizioni, è impossibile definire tali civiltà “primitive”.
Pedra do Inga è il termine portoghese che si usa per indicare una pietra che si trova nella municipalità di Inga, in Brasile. La roccia, che ha dimensioni imponenti, per l’esattezza è collocata nello stato di Paraiba, non distante dal fiume Inga. Il lingua anglosassone è conosciuta come “Inga Stone”. Dicevamo che le sue dimensioni sono notevoli: misura infatti 46 metri di lunghezza e quasi 4 di altezza.
La sua superficie è ricoperta da un intricato reticolo di disegni e simboli. Non sappiamo cosa rappresentino nella maggior parte dei casi (e negli altri si tratta comunque di pure ipotesi). Non sappiamo nemmeno con certezza come sono stati realizzati, né quando. Secondo la datazione decisa dall’esame del carbonio 14, dovrebbe risalire a 6000 anni fa. Questa datazione però è tutt’altro che definitiva.
Trovandosi in una zona soggetta a frequenti inondazioni, la pietra presenta in superficie dei sedimenti che potrebbero compromettere una corretta lettura temporale. Nel corso dei secoli è stata più volte vandalizzata, e alcune delle iscrizioni sono state semplicemente erose dal tempo e non sono più ben leggibili. Anche così, la Pedra do Inga non manca di suscitare un moto di stupore quando la si osserva nella sua superba interezza, che copre un’area di 250 metri quadri.
Le varie ipotesi
Se affermiamo che la Pedra do Inga è uno dei misteri più affascinanti dell’archeologia contemporanea, non andiamo molto lontano dal vero. Gli studiosi infatti brancolano nel buio e non sanno dare una spiegazione univoca ai numerosi segni (parliamo di oltre 400 petroglifi) incisi su di essa. Esistono però alcune correnti di pensiero, non universalmente condivise, che potrebbero gettare un po’ di luce su questa scritta che viene forse da un remoto passato.
La prima ipotesi – quella appoggiata dalla scienza ufficiale – si muove nell’ambito dell’archeoastronomia, e vede nella Inga Stone un calendario solare. Questa lettura è stata data da Francesco Pavia Alemany, un ingegnere spagnolo che nel 1976 diede il via ad una ricerca sulla pietra basata su presupposti puramente matematici. Circa 10 anni dopo vennero pubblicati i risultati delle sue indagini.
Secondo le sue conclusioni, la Pedra do Inga era uno strumento eccezionale in grado di studiare la posizione del Sole attraverso un anno intero. Alamany identificò delle insenature nelle quali, secondo lui, venivano inseriti degli gnomoni per segnare il trascorrere del tempo. Oltre a questo, molti segni presenti sulla roccia sono stati identificati come stelle e costellazioni: ad esempio, si crede che vi siano raffigurate la Via Lattea e la cintura di Orione.
Se così fosse, ciò farebbe della Pedra do Inga uno dei monumenti preistorici più importanti di sempre, e anche uno di quelli meno apprezzati per il suo effettivo valore. Le tesi di Alemany furono riprese anche successivamente e avvalorate e confermate con ulteriori indagini. Esiste però anche un’altra ipotesi, quella che la scienza ufficiale rigetta come fa con tutto ciò che non riesce ad essere incasellato negli schemi precostituiti.
L’ipotesi Atlantide
Sulla pagina Wikipedia dedicata alla Inga Stone non se ne fa neppure menzione, ma c’è anche un altro eminente ricercatoreche ha speso gran parte della sua vita ad indagare il significato dei petroglifi incisi sulla roccia. Si tratta di Gabriele D’Annunzio Baraldi, studioso italiano che nel 1988 cominciò la sua disamina dei segni incisi sulla Pedra do Inga. Oltre alla Via Lattea e ad altri segni che potevano essere stelle, lui trovò anche simboli che gli sembravano familiari. Assomigliavano molto alla scrittura Ittita.
Ma non solo. Confrontando i risultati dei suoi studi con altri eminenti linguisti, si scoprì che i segni della Pedra do Inga sono riconducibili a molte diverse civiltà. Ad esempio, ce ne sono alcuni che ricordano la scrittura egizia detta “demotica”, ovvero che si riferisce ad una delle ultime fasi di questa civiltà. E non è finita qui: le iscrizioni della Pedra do Inga ricordano rune nordiche, simboli celtici, scritture fenicie, persino incisioni dell‘Isola di Pasqua. In una parola, sembra scritta con una sorta di lingua universale.
Ecco perché Baraldi – considerato uno degli ultimi veri sostenitori dell’esistenza di Atlantide – pensò che fosse il prodotto della diaspora di un popolo vissuto oltre 10.000 anni fa, che una catastrofe aveva allontanato dal luogo di origine. Dai discendenti di Atlantide avevano poi avuto origine le altre diverse civiltà che si erano sparpagliate per il globo, verso est e verso ovest.
Come dicevamo, questa teoria non trova supporto in sedi ufficiali. Baraldi è morto nel 2002, ma ha lasciato numerosi scritti in cui sosteneva le sue tesi. Ad esempio, era anche convinto che la Inga Stone fosse stata scolpita usando una particolare tecnica che sfruttava la lava e i residui vulcanici. Esistono infine anche altre ipotesi sulla natura delle iscrizioni di Inga: ad esempio, che possano essere state lasciate da creature extraterrestri.
La Pedra do Inga: impariamo a leggerla
Ci vogliono anni e anni di studio per imparare le lingue del mondo; e molti di più ce ne vogliono per indagare il modo in cui i popoli antichi hanno imparato a comunicare per iscritto. Per molti di noi i disegni impressi sulla superficie della Pedra do Inga non dicono nulla; ma per chi ha passato tanto tempo sui libri, indagando antiche forme espressive, essi assumono un volto del tutto nuovo e stupefacente.
Potrebbe essere vero che gli oltre 400 simboli impressi sullo gneiss, di cui è fatta la Inga Stone, siano il racconto del cataclisma che costrinse gli abitanti di Atlantide a colonizzare gli altri continenti? Forse questi segni parlano del mitico Diluvio Universale, e se riuscissimo a decriptarli ci darebbero anche la chiave di lettura per poter evitare che simili immani tragedie si ripetano ancora. Purtroppo, non abbiamo la chiave.
Così la Pedra do Inga resta una curiosità per turisti e un affascinante enigma per gli studiosi. Eppure è davvero irresistibile il pensiero che essa non sia altro che un grande libro scritto su pietra, una “Bibbia” antichissima. Ed è molto triste che non abbiamo più la capacità di leggerla. Oppure, è davvero un enorme calendario: e anche in questo caso, ci parla dei nostri progenitori come persone di grande cultura e intelligenza, e non come rozzi uomini delle caverne.
Come sempre, la cosa più importante è guardare al passato non con gli occhi di noi moderni, ma cercando di recuperare quello che poteva essere lo stile di vita di chi è vissuto molti secoli fa. Difficile, ma non impossibile: basta lasciare la porta aperta ad ogni ipotesi, anche a quelle che appaiono meno plausibili rispetto rispetto alle nostre conoscenze.