L’Equinozio di Primavera era un momento di grande importanza per tutte le popolazioni antiche che legavano la loro sopravvivenza alla vita dei campi. Dopo il lungo inverno il rifiorire della vita in Natura segnava anche la rinascita dell’attività agricola, e quindi un momento di festa e celebrazioni. Scopriamo qual era il significato dell’Equinozio di Primavera e quali sono le origini della Pasqua e dei suoi simboli.
L’Equinozio nell’antichità
Durante gli equinozi il Sole si trova sopra l’Equatore terrestre, dividendo la giornata esattamente a metà. Le ore di luce e quelle di buio si equiparano ma, dall’Equinozio di Primavera in poi, le ore di luce aumentano. Inevitabile che il giorno dell’equinozio, che può cadere tra il 20 e il 21 di Marzo, fosse una data importante nei calendari antichi. Lo era fin dai tempi dei re Persiani, dei Maya e degli antichi romani.
Per i Celti l’anno era diviso in quattro parti, e i punti che determinavano tale suddivisione erano appunto gli equinozi e i solstizi. Sembra che i Celti non festeggiassero però in modo particolare l’Equinozio di Primavera, che invece era assai più sentito nella tradizione degli Anglo-Sassoni e dei popoli teutonici.
Alla giornata dell’equinozio primaverile si associa infatti la figura di una divinità chiamata Ostara o Eostre. Questa dea era il simbolo della rinascita, quindi della fertilità, e le celebrazioni in suo onore si protraevano fino al mese di aprile. Cominciamo ad intuire qui da dove sia arrivata la festa cristiana di Pasqua: basti pensare al fatto che Pasqua, in lingua inglese, di dice “Easter” che viene proprio da Eostre.
La Pasqua, per la religione cattolica, segna il momento della resurrezione di Gesù Cristo dai morti. Anche nei rituali pagani l’Equinozio di Primavera segnava una “risurrezione”: quella dei semi che, dopo essere stati “seppelliti”, sarebbero ben presto sbocciati a nuova vita. Ecco allora che questo periodo dell’anno si associa alla rinascita, al rinnovamento, alla crescita e al vigore.
Il coniglio pasquale (lepre)
Oggi tutti conosciamo, come simboli pasquali per eccellenza, il coniglio e l’uovo. Potrebbe sembrare assai curiosa questa associazione, se non conoscessimo le radici pagane della festa della Pasqua. Bisogna sapere infatti che il coniglio (o, per meglio dire, la lepre) era l’animale associato alla dea Eostre, e non solo: era associato anche a Freya, a Ecate e a Holda. Ovvero, a tutte le dee legate alla Luna e ai suoi cicli.
Questo ci spiega anche perché la data della Pasqua è mobile: ciò ha a che fare con le fasi lunari e cade sempre nella prima domenica dopo la Luna Piena successiva all’equinozio. Questo perché i cicli lunari, per i nostri progenitori, erano assai più importanti di quelli solari e servivano come base per scandire lo scorrere del tempo.
La lepre notturna è un animale che esce fuori di notte per nutrirsi, e forse per questo è stato associato alla Luna. Come la Luna ogni notte sorge, e poi muore, così fa la lepre che le diventa speculare. C’è un’altra caratteristica di questo mammifero che lo fa associare alla Primavera: è molto fertile, in quanto la femmina può essere ingravidata anche mentre è già incinta.
Ecco dunque da dove arriva il curioso e lezioso coniglio pasquale: il suo significato più profondo affonda invece nella notte dei tempi e in rituali legati alla fertilità della Terra e della donna. La lepre era l’animale totem della Dea e a lei sacro, tanto che la caccia alla lepre era vietata durante l’inizio della Primavera.
L’Uovo di Pasqua
C’è poi l’altro simbolo della Pasqua che è l’uovo, che potrebbe sembrare ancora più curioso della lepre. In verità, anche in questo caso c’è una spiegazione: anzi, ci sono ben due diverse leggende. La prima racconta che un uccello rimase gravemente ferito, e restava tra l’erba in attesa di morire. Lo vide però Eostre, che si commosse e decise di salvargli la vita. A tale scopo, lo trasformò in una lepre.
L’uccellino, mutata forma, riuscì a sopravvivere. Ma qualcosa nella magia non era andato a buon fine. Infatti la lepre continuò a deporre uova, come quando era uccello. Ed ecco qui le “uova di Pasqua”. Ma c’è anche un’altra leggenda, ancora più intrigante, in cui si parla di una grande festa che gli animali della foresta volevano dare in onore della Dea.
Ogni animale si preparò per fare un gran dono a Eostre: ma non tutti avevano le stesse possibilità. La lepre, ad esempio, era molto povera, e frugò in tutta casa per trovare qualcosa degno della sua Dea. Tutto ciò che trovò fu un uovo. Allora lo decorò e lo portò a Eostre, certo che lo avrebbe disprezzato. Dagli altri, infatti, aveva ricevuto oro, argento e pietre preziose.
In modo stupefacente, invece, la Dea apprezzò il suo dono sopra ogni altro, perché sapeva che la lepre si era privata dell’unico bene che le restasse. Ecco dunque perché l’uovo è diventato un simbolo dell’Equinozio di Primavera e, in seguito, della Pasqua. Senza contare è da sempre il simbolo dell’infinito, della vita che nasce e rinasce.
Nuova vita
Qualcosa che abbiamo completamente perso nella nostra società contemporanea è la capacità di fermarci ad apprezzare la bellezza della vita che rinasce sugli alberi e sui campi. La Pasqua ha un significato puramente religioso, per chi crede, e commerciale per tutti gli altri. L’Equinozio di Primavera ha un significato più profondo e intenso per l’Universo in generale, perché non riguarda le piccole dinamiche umane ma si specchia nel soffio Universale.
Anticamente sono stati costruiti templi e tombe che avevano il dono di catturare il primo o l’ultimo raggio di sole del giorno dell’Equinozio di Primavera, come se imprigionare quella luce avesse il potere di esorcizzare il freddo dell’inverno e il buio della notte. Tutto questo non ha più alcun senso per noi, eppure risuona in fondo alle nostre anime come un ricordo sopito, come una voce che chiama da lontano e che ci appare terribilmente familiare.
Quello di Eostra/Ostare è tempo di rinnovamento e rinascita, interiore ed esteriore. Così che la parte migliore di noi possa sbocciare e gioire della vita che torna nel mondo, in attesa che la Ruota del Tempo giri e torni a misurare i nostri passi sul respiro della Terra.