C’è un piccolo luogo incantevole in mezzo alle montagne dei Sibillini. Da Montefortino si prosegue per una strada che finisce contro la montagna: oltre c’è solo il fiume Ambro che risale fino alla sua sorgente. Ai piedi della montagna c’è una deliziosa chiesa, che in molti definiscono “la piccola Lourdes dei Sibillini“. Ferita dal terremoto, oggi rinasce. Ecco la sua storia.
Un luogo sacro agli Spiriti della Natura
I Monti Sibillini sono una catena montuosa che presenta delle innegabili peculiarità rispetto agli altri monti degli Appennini. Sono circondati da un’aura magica, avvolti da una bruma celeste che spinse il Leopardi a definirli “Monti Azzurri“, definizione che è rimasta loro addosso. I boschi di faggi e le querce ospitano antichi spiriti, quelli che i primi abitanti del centro Italia veneravano per tenere lontano il maltempo e le calamità naturali.
Ogni angolo di pendii e vallate è ricolmo di tradizioni e leggende. In particolar modo, per un antico retaggio celtico che è penetrato in epoche remote fino a queste regioni italiche, gli alberi erano ritenuti sacri e quindi tenuti in speciale considerazione. In seguito, con l’avvento del Cristianesimo, i luoghi un tempo sacri ai pagani divennero oggetto di culto anche della nuova religione.
Il sito in cui sorge il Santuario della Madonna dell’Ambro era sicuramente sede di culti pagani. L’etimologia del fiume è discussa: secondo alcuni potrebbe derivare dalla radice “ambr” celtica, che vuol dire semplicemente corso d’acqua. Nell’anno Mille qui, secondo la tradizione cristiana, accadde qualcosa di miracoloso.
L’apparizione della Madonna
Come spesso accade nei luoghi in cui poi vennero eretti dei Santuari dedicati a Maria, Madre di Cristo, tutto parte da un’apparizione. Una pastorella di nome Santina, nata sorda e muta, guarì in modo inspiegabile e raccontò di aver visto una donna all’interno del faggio presso il quale era solita pregare. Nacque così il primo nucleo di venerazione della Madonna dell’Ambro, con l’edificazione di una piccola cappella sul luogo dove la bambina aveva detto di averla vista.
Con il tempo la cappella divenne una chiesa, rimanendo però di dimensioni modeste. All’immagine sacra dipinta fu sostituita una splendida statua in terracotta. La statua raffigura una donna coperta da un manto azzurro, vestita di rosso e oro, con guance rubizze una corona di stelle. Sulle gambe ha un bimbo a sua volta rubizzo e incoronato. Questa è la classica iconografia della Madonna con il Bambino, ma non possono non notare i tratti dei volti dei due soggetti.
Sono persone comuni, non immagini idealizzate. Anche se la donna è raffigurata in maestà, il suo volto potrebbe essere di una qualunque delle donne della montagna che abitano intorno al Santuario. A ricordare la miracolosa apparizione c’è anche un’altra statua, questa in bronzo. La statua si trova poco oltre il Santuario, lungo il fiume e riprende un’altra iconografia classica, quella della Madonna della Quercia, dal chiarissimo retaggio pagano.
La donna siede tra i rami di un albero tenendo in braccio il suo bambino, e una pastorella inginocchiata prega davanti a lei. Sullo sfondo, la cascata del fiume ruggisce costantemente. La voce dell’Ambro, in questo luogo di incantevole misticismo, è la voce di Dio.
Le Sibille
Al’interno della cappella in cui è custodita la statua in terracotta si trovano svariati affreschi. L’autore è Martino Bonfini, che li realizzò nel 1610. Gli affreschi raccontano vari episodi della vita di Maria, dall’infanzia fino all’assunzione in cielo, ma ritraggono anche altre figure. Lungo le pareti, infatti, compaiono i Profeti e le Sibille. Le Sibille che il Bonfini immortala, inconsapevole forse del retaggio pagano che esse recano pur essendo poi state inglobate nella tradizione cristiana, sono dodici.
Tutte portano la loro denominazione, alcune hanno anche un’epigrafe. Solo una è priva dell’una e dell’altra: una Sibilla che guarda in alto e porta una veste rossa. Canonicamente viene identificata con Europa. Secondo alcuni, si tratterebbe della mitica Sibilla Appenninica. Quello che è certo, è che veder convivere in un luogo cristiano simboli “pagani” come le Sibille è sintomo di quanto ci siano tradizioni che, pur cambiando forma, non si spengono.
Questa è quella che chiamano “anima dei luoghi”, e l’Ambro di Montefortino ha un’anima molto forte. Entrando in chiesa in un giorno qualunque, in un’ora qualunque, è possibile sentire, quasi palpabile, l’incredibile misticismo del luogo. E non è poi così importante quale sia il Dio che si venera, o la religione in cui si crede.
La morte e la rinascita
Il terremoto del 2016 che ha colpito il centro Italia non ha lasciato indenne nemmeno questo luogo. Il Santuario della Madonna dell’Ambro è stato danneggiato e rischiava di rimanere chiuso per molto, molto tempo. Grazie ad una moderna forma di mecenatismo, però, nella notte di Natale 2018 la chiesa è tornata ad aprire le sue porte, dopo accurati lavori di restauro e consolidamento.
Il Genius Loci ha vinto ancora, e ha parlato stavolta attraverso la volontà di uomini che non si sono voluti piegare ad una sorte che sembrava segnata. La riapertura di questo luogo sacro a molti è stato un forte segno di speranza per chi teme che una rinascita non sia più possibile.
Di certo c’è un’entità femminile, materna e grande, che tutela e vigila affinché la fede non vada persa. Che sia la Madonna, la Sibilla, la Natura stessa, essa oggi ci invita a lottare per ciò in cui crediamo e continua ad animare con la sua bellezza immortale quel piccolo edificio immerso tra le montagne. A volte, in inverno, nemmeno ci si arriva, per via della neve. Eppure, come ogni luogo del cuore, è sempre lì ad aspettare chi vuole conforto, pace, e desidera ascoltare la voce intima dell’Universo che parla con il canto del fiume.
A chi ha permesso questo, un grazie di vero cuore.