Così fu definito Charles Dickens nel 1843, anno in cui pubblicò “Canto di Natale” (titolo originale “A Christmas Carol”) sulle cartoline natalizie che circolavano a Londra e dintorni: “The man who invented Christmas”. Fu davvero questo celebre scrittore colui che inventò il Natale? E in che senso? Scopriremo insieme che, di fatto, le cose sono andate esattamente così.
Un’idea che non gli dava tregua
Dickens era uno scrittore già affermato nel 1843. Teneva letture in pubblico dei suoi romanzi più famosi, “Il Circolo Pickwick” e “Oliver Twist”. Dickens aveva un’infanzia difficile alle spalle. Da bambino era stato costretto ad andare a lavorare in una fabbrica di lucido per scarpe, dopo che suo padre era stato incarcerato per debiti. Per questo aveva tanto a cuore le tristi sorti dei bimbi londinesi.
Nel 1843 la sua situazione era migliorata, ma rischiava di peggiorare di nuovo. Il suo editore gli voleva abbassare la paga; la casa che aveva preso per la sua famiglia era troppo costosa; il quinto figlio era in arrivo. Ciononostante, decise di perseguire un suo desiderio personale, indebitandosi proprio come aveva fatto suo padre.
In sole sei settimane scrisse di getto un lungo racconto, poco meno di un romanzo, poco più di una novella. Lo propose ai suoi editori in una primitiva forma di autopubblicazione: lui avrebbe sostenuto le spese, loro avrebbero incassato i profitti. Volle un’edizione di lusso, con copertina rossa e titolo scritto in caratteri dorati. Il titolo dell’opera era “A Christmas Carol”.
Il Canto di Natale più famoso della storia
Il titolo allude ad un’usanza che noi oggi possiamo credere molto diffusa all’epoca: intonare canti natalizi per le strade. All’inizio del racconto il protagonista, Ebenezer Scrooge, inveisce contro i cantori che sotto la sua finestra lo disturbano con i loro lieti inni. In verità, all’epoca di Dickens, nell’Inghilterra vittoriana, vigeva un’austerità tale che avrebbe reso impensabile tale usanza.
Fu Dickens a far tornare in voga una tradizione che risaliva al Medioevo. Il suo scritto è addirittura diviso nelle cinque strofe che, originariamente, componevano gli inni di lode e giubilo per la nascita di Gesù Cristo. Ma non è la nascita del Cristo, o la festa cristiana, che Dickens celebra nel suo scritto. “Canto di Natale” è un’appassionata denuncia sociale, ed è anche quella che oggi definiremmo una “ghost story“.
Lo scrittore voleva lanciare un messaggio: voleva ricordare che non ha senso andare in chiesa e ascoltare le funzioni se poi si ignorano i fratelli più piccoli, quelli che soffrono e stanno male. E ce n’erano tanti, all’epoca, di piccoli fratelli sofferenti. Non meno di quanti ne esistano oggi. Avrebbe potuto scrivere un rovente articolo politico: pensò che il messaggio sarebbe giunto in modo più chiaro attraverso una novella di pura invenzione.
I tre Spiriti del Natale
Al centro della vicenda di “A Chrsitmas Carol” c’è un uomo, Scrooge, l’avaro per eccellenza. Quest’uomo ama il suo denaro più di ogni altra cosa. maltratta i suoi parenti e i suoi dipendenti, ritiene che fare la carità sia solo un modo per accrescere la popolazione di indigenti. Ma una notte una serie di fantasmi visita la sua casa.
Il primo è quello di un suo vecchio socio in affari, Jacob Marley. Questi è condannato ad un’esistenza di pena e vuoto, e ammonisce Scrooge a non fare la sua fine. Dopo di lui, visitano il vecchio tre spiriti: quello del Natale passato, quello del Natale presente e quello del Natale futuro.
Lo Spirito del Natale presente per molti è una delle primitive incarnazioni del moderno Santa Claus-Babbo Natale. Infatti si presenta come un uomo barbuto, che ama ridere, scherzare, bere e mangiare. per primo Dickens lancia l’idea del Natale come festa di condivisione, di amore. Se nell’Inghilterra in cui viveva non si apprezzavano gli eccessi culinari, nel suo racconto dice che stare insieme a tavola è un atto d’amore.
Sarà però soprattutto lo Spirito del Natale futuro a far cambiare Scrooge in modo definitivo. Il fantasma angosciante, chiaro alter ego della morte, gli mostrerà le conseguenza del suo egoismo e della sua avidità. E per prima cosa Scrooge, il mattino dopo, giorno di Natale, comprerà un grosso tacchino da condividere con gli altri.
Un successo-insuccesso
“Canto di Natale” fu un successone: vendette tutte le copie pubblicate in pochissimo tempo. Però in tasca a Dickens non restarono che cinque scellini, all’incirca 20 euro. Questo perché aveva imposto un prezzo di copertina molto basso, vista invece la ricchezza dell’edizione. In seguito dovette anche attraversare delle controversie giudiziarie per quest’opera, in quanto venne pubblicata da un’altra casa editrice senza che gli venisse riconosciuta la paternità del libro.
Eppure… eppure se noi oggi ricordiamo Dickens è soprattutto per questo scritto tanto singolare nella sua produzione. Fu grazie a “Canto di Natale” che la gente cominciò a scambiarsi i regali sotto l’albero. Il racconto contribuì cioè a creare il vero spirito natalizio. Se prima questa era una festa religiosa e basta, dopo si riempì di una magia antica, che è molto più debitrice ai rituali pagani precristiani che al cristianesimo stesso.
Quando nel 1870 Charles Dickens morì, si racconta che una delle sua ammiratrici presente al funerale si chiese “E adesso morirà anche Babbo Natale?”. Fortunatamente non si correva alcun rischio. Lo spirito del Natale, a cui Dickens ha dato vita, non conosce lo scorrere del tempo, e perdura attraverso i secoli, immutato, anche se, ahinoi, un po’ dimenticato.
Dickens sul grande e piccolo schermo
Come si spiega però che “Canto di Natale” continui ad affascinare oggi come oltre 150 anni fa? Non si contano le trasposizione teatrali, televisive e cinematografiche che il racconto ha avuto. Persino Walt Disney ne ha fatto un cartone animato. Scrooge è diventato uno dei personaggi del mondo Disney. Alzi la mano chi, ogni Natale, non guarda almeno un film ispirato in modo più o meno blando a “A Christmas Carol”.
Ricordiamo che il racconto di Dickens però non è banale. Non è un invito generico a “volersi bene perché è Natale”, tutt’altro. É una precisa denuncia, e un chiaro invito a non voltare lo sguardo altrove quando capiamo che c’è qualcosa che potremmo fare per rendere migliore la vita degli altri.
Quando facciamo qualcosa per gli altri, racconta Dickens, lo facciamo prima di tutto per noi stessi. Scrooge non cambia quando vede le fiamme dell’inferno: cambia quando capisce che sono solo le nostre azioni a poter rendere il Natale presente lieto quanto quelli del passato.
Alcuni ridevano, vedendo il suo cambiamento; ma egli era abbastanza saggio da sapere che su questo globo niente di buono è mai accaduto di cui qualcuno non abbia riso al primo momento.