Dalle nebbie del tempo giungono fino a noi racconti che a volte stentiamo a credere veri. Eppure ci sono alcuni fatti che non vengono messi in discussione, magari perché tramandati da fonti ritenute attendibili. Così nessuno di noi dubiterebbe dell’esistenza di quelle che vengono definite le “Sette Meraviglie del Mondo Antico” per quanto, dobbiamo ammetterlo, si faccia fatica a credere che siano davvero esistite.
Una statua- faro: il Colosso di Rodi
Le sette meraviglie del mondo antico erano i giardini pensili di Babilonia e il faro di Alessandria; le piramidi egizie, le uniche che esistano ancora; la grande statua di Zeus a Olimpia e quella di Artemide ad Efeso; il mausoleo di Alicarnasso e, infine, il Colosso di Rodi.
Il colosso di Rodi è forse, insieme al faro di Alessandria, uno dei monumenti che maggiormente lascia allibiti noi uomini moderni. Potremmo paragonarlo alla Statua della Libertà che si erge all’ingresso di New York, solo che fu costruita molti, molti secoli prima, nel IV secolo avanti Cristo.
A quei tempi Rodi era un’isola dall’importanza strategica fondamentale per i commerci tra Mar Mediterraneo e Mar Egeo. Era stata conquistata da Alessandro il Grande, ma in seguito l’isola stipulò un’alleanza con Tolomeo d’Egitto che veniva malvista dai successori di Alessandro. Così, nel 305 a.C, Demetrio, discendente di Alessandro, attaccò Rodi.
L’isola si difese con coraggio e riuscì a cacciare l’aggressore. Per celebrare la vittoria conseguita, i cittadini decisero di erigere una statua al dio Elios, Apollo, al dio del Sole. Quella statua sarebbe passata alla storia come “il Colosso di Rodi”.
Una costruzione straordinaria
Si racconta che la costruzione del colosso richiese 12 anni. Il progetto fu affidato all’architetto Carete di Lindos, a cui fu detto che la statua doveva essere almeno due volte più alta di qualunque altra fosse esistita fino a quel momento.
Le cronache dell’epoca dicono che per fare la base del monumento vennero usati blocchi di pietra e marmo, e che poi la struttura fu rivestita con bronzo e rafforzata con ferro. Pare che venissero usati come materiali i resti delle macchine d’assedio e delle armi lasciate dagli invasori messi in fuga.
Secondo i commentatori moderni, i numeri dati (15 tonnellate di bronzo e 9 tonnellate di ferro) non sono compatibili con la mole della statua, che alla fine era alta 32 metri. Sussistono molti dubbi sia su dove fosse esattamente collocata, sia sull’aspetto che avesse.
In molti disegni posteriori il colosso è raffigurato a gambe divaricate sul porto, ma sembra abbastanza sicuro che non si trovasse lì quanto piuttosto all’interno dell’isola, probabilmente su una collina. Se infatti fosse stato costruito sul porto, per ben 12 anni quest’ultimo sarebbe stato inservibile.
Apollo era nudo, con un mantello sul braccio, una fiaccola in mano e una lancia. La fiaccola dunque fungeva anche da faro. Guardava ad Est, là dove il sole sorge. Secondo altre versioni, aveva una corona fatta con punte, proprio come la Statua della Libertà. A tutti gli effetti, anche il colosso era un inno alla libertà.
La fine del Colosso di Rodi
Fu Plinio il Vecchio a raccontare la fine dell’imponente statua che, di fatto, svettò su Rodi solo per una sessantina di anni. Un potente e distruttivo terremoto la abbatté nel 226 a.C. e gli abitanti dell’isola non vollero ricostruirla. Fu infatti consultato l’oracolo di Delfi, che disse che Apollo si sarebbe offeso di quel gesto.
A lungo la statua restò in acqua, a pezzi, continuando a suscitare stupore e meraviglia. Solo nel 653 d.C., con la conquista araba dell’isola, fu smembrata, fatta a pezzi e per portarla via, si dice, furono necessari oltre 900 cammelli. Il bronzo fu fuso per fare altri oggetti, e ogni traccia di quel monumentale oggetto andò perduta.
Qualcuno, in realtà, dubita che il colosso di Rodi sia mai esistito. La tecnologia dell’epoca non avrebbe consentito di costruire qualcosa di così grande. Recenti ritrovamenti però sembrerebbero confermare la sua esistenza, su una collina che sovrasta la città di Rodi. Qualche anno fa qualcuno ipotizzò una sua ricostruzione, a scopi turistici. Sembra però che alla fine il progetto sia sfumato nel nulla.
Una meraviglia ormai perduta
Il colosso viene definito una “meraviglia” sia nel senso più letterale del termine, poiché suscitava stupore in chi la vedeva, ma anche perché risulta anacronistica, come altri reperti di cui abbiamo testimonianza. Anche se gli abitanti di Rodi avessero voluto omaggiare il dio, la costruzione di una statua così alta avrebbe creato non pochi problemi logistici. Ciononostante, quasi nessuno più ne mette in discussione l’effettiva esistenza.
Questo perché abbiamo imparato che i nostri lontani progenitori erano molto meno sprovveduti di quanto non ci piacerebbe credere. Piramidi, costruzioni romane, edifici Maya e Inca ci dimostrano ogni giorno, silenziosamente, che la nostra bella evoluzione non ha proprio niente da insegnare a chi è venuto prima di noi. Non dimentichiamo che Rodi è il luogo dove fu costruito il meccanismo di Antikythera.
Ci si potrebbe chiedere allora perché invece appare tanto difficile credere ad altre testimonianze, come quella di Platone che racconta di un continente esistito in mezzo all’Oceano Atlantico quando la Grecia ancora era giovane. Da chi i Greci hanno appreso le loro arti, e la loro filosofia?
Nei meandri della storia è celata la risposta: forse nello sguardo immoto e lontano del Colosso di Rodi, che fissava l’Est e voltava le spalle all’Ovest. Ma, se vogliamo prestare fede alle cronache, fu il dio Sole a volere la distruzione di quell’effigie, che infatti non fu mai ricostruita. Forse perché, per cercare la verità, avrebbe dovuto guardare ad Ovest?