Quando pensiamo all’Antica Grecia pensiamo ad un mondo luminoso e armonioso. Questo perché ne conosciamo soprattutto le splendide statue, le cui proporzioni sono perfette e riflettono una visione del mondo lineare e apollinea. Ma la Grecia Antica era anche molto altro e lo dimostrano le lamine orfiche. Le lamine orfiche sono istruzioni per l’Altro Mondo e sono il prodotto di una religione misterica chiamata orfismo.
Orfeo, il cantore che discese all’Ade
Molto prima del Sommo Poeta Dante Alighieri, molti altri poeti e scrittori discesero nel mondo dei morti per poi narrare la loro storia. Orfeo, mitico cantore greco che con il suono della sua lira era in grado di ammansire le belve, lo fece per amore. La ninfa che amava, Euridice, venne infatti morsa da un serpente e morì. Non rassegnandosi alla sua perdita, Orfeo decise di provare a intenerire il cuore del sovrano dell’Oltre Mondo, Ade.
S’addentrò dunque in un luogo precluso ai viventi. Con il suo canto riuscì a convincere tanto Caronte, il traghettatore di anime, che Cerbero, il guardiano degli Inferi, a lasciarlo passare. Giunse dunque al cospetto di Ade e della sua consorte, Persefone. Suonò per loro e riuscì a commuovere il cuore del duro sovrano, che gli concesse di portare via Euridice nel mondo dei vivi. Ad un patto: che non si voltasse a guardarla mentre tornava in superficie.
Ogni dono cela un inganno. Purtroppo Orfeo non riuscì a resistere. Si girò per guardare la sua Euridice e fu l’ultima volta, poiché lei scomparve, tornando nel regno dei morti. Addolorato oltre ogni dire, Orfeo andò incontro al suo destino. Quando le Baccanti gli chiesero di unirsi a loro nei festeggiamenti per Dioniso, lui si rifiutò. Le Baccanti, furiose, lo uccisero e smembrarono il suo corpo.
Le Muse allora posero la sua lira in cielo, e si trasformò nell’omonima costellazione. La sorte di Orfeo ricalca quella dello stesso Dioniso. Secondo la cosmogonia orfica, Dioniso era figlio di Zeus. I Titani, invidiosi di lui, non solo posero fine alla sua vita ma ne mangiarono le carni. Quando Zeus scoprì l’orrore perpetrato, incenerì con i suoi fulmini i Titani. E dalla cenere dei Titani nacque il genere umano.
L’orfismo, la sua origine e la sua attualità
Da questo insieme di credenze ebbe origine l’orfismo, una religione che si muoveva su binari diversi rispetto a quelli delle religioni legate al pantheon tradizionale dei Greci. L’assunto di base dell’orfismo era la necessità di affrancare l’uomo dalla pesante eredità lasciata dai Titani. In ognuno di noi c’è la loro bestialità, ma c’è anche parte della divinità di Dioniso. Quest’ultima è rappresentata dall’anima.
Pertanto l’anima è immortale e, di vita in vita, deve purificarsi dal suo retaggio materiale. Gli orfici credevano infatti nella metempsicosi, o reincarnazione delle anime. Attraverso diverse esperienze la parte divina di ognuno di noi può affinarsi sempre più fino a diventare degna di riunirsi alla divinità da cui è stata generate. Altrimenti continuerà il suo ciclo, che è molto simile al Samsara delle religioni induiste.
Pare d’altro canto che l’orfismo nacque in concomitanza con altre religioni che si basano su presupposti simili. e che la radice comune di queste credenze sia da rintracciarsi nell’Antico Egitto e nel mito di Osiride il quale, come Dioniso, venne ucciso e il suo corpo smembrato. Dunque anche la Grecia presenta un “volto oscuro”, ctonio, legato a credenze pagane molto più antiche della sua civiltà.
Le lamine orfiche
Secondo le fonti storiche l’orfismo ebbe origine nel VI secolo avanti Cristo, in uno dei momenti più difficili della storia greca tanto da esserne definito il “medioevo”. Oltre agli scritti che sono giunti fino a noi, una delle testimonianze più evidenti e interessanti dell’esistenza dell’orfismo sono le cosiddette lamine orfiche.
Le lamine orfiche sono dei sottili fogli d’oro che sono stati ritrovati in numerose tombe della Grecia, di Creta e anche del Sud Italia (la cosiddetta “Magna Grecia”). Le lamine orfiche venivano arrotolate e poi messe in mano al defunto, o in bocca, o appese al collo con una collanina. Sulla loro superficie c’erano vergate delle parole a volte difficili da leggere, perché scritte molto in piccolo.
Non solo: anche il linguaggio usato è di difficile comprensione in quanto le lamine orfiche erano riservate agli iniziati di questa religione. Descrivono infatti un percorso iniziatico che l’anima che ha abbandonato il corpo deve intraprendere per elevarsi verso il divino dionisiaco. Sono un po’ un bugiardino, un foglietto illustrativo di come l’anima si dovesse comportare dopo la morte per seguire correttamente il suo ciclo.
Cosa dicono le lamine orfiche
Le lamine orfiche sono oggi conservate in alcuni dei più importanti musei del mondo e sono dei documenti di straordinario interesse. Dimostrano infatti che anche l’apollinea Grecia conservava in sé il nucleo e il seme di una storia più antica, di una religiosità antichissima che credeva che l’uomo fosse nato da esseri giganti, i Titani.
Presso il Museo Archeologico Statale di Vibo Valentia è conservata una tra le più interessanti delle lamine orfiche che sono state rinvenute. Risale al 400 avanti Cristo ed era addosso ad una donna. Recita così:
Di Mnemosine è questo sepolcro. Quando ti toccherà di morire
andrai alle case ben costrutte di Ade: c’è alla destra un fonte,
e accanto a essa un bianco cipresso diritto;
là scendendo si raffreddano le anime dei morti.
A questa fonte non andare neppure troppo vicino;
ma di fronte troverai fredda acqua che scorre
dalla palude di Mnemosine, e sopra stanno i custodi,
che ti chiederanno nel loro denso cuore
cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.
Di’ loro: sono figlio della Terra e di Cielo pieno di stelle,
sono riarso di sete e muoio; ma date, subito,
fredda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine.
E davvero ti mostreranno benevolenza per volere del re di sotto terra;
ti lasceranno bere dalla palude di Mnemosine;
e infine farai molta strada, per la sacra via che percorrono
gloriosi anche gli altri iniziati e posseduti da Dioniso.
Il significato è oscuro, ma in sostanza indica il percorso che l’anima deve seguire, e l’atteggiamento che deve tenere ricordando ai suoi giudici che è figlia della terra, ma anche del Cielo. In una parola, siamo fango e polvere di stelle, e secondo l’orfismo il nostro scopo nella vita deve essere quello di esaltare questa seconda componente, attenuando pian piano la prima.
Oltre al fascino indiscusso che le lamine orfiche – che, lo ricordiamo, sono di splendente oro – rivestono ai nostri occhi, è interessante notare come nella Grecia Antica ci fossero echi di civiltà ancora più antiche. Questo sembra un po’ strano a noi, che siamo abituati a studiare la Grecia come la “culla della civiltà”. Se il suo retaggio è ancora forte nella nostra cultura, anche linguisticamente, certo è che la sua grande civiltà non è nata dal nulla, ed è a sua volta debitrice di qualcosa che forse è andato dimenticato, per quanto non da tutti.
Ecco infatti che Platone ricorda un’altra terra, che esisteva quando la Grecia era ancora giovane oltre le Colonne d’Ercole. Una terra che solo i sacerdoti egizi, custodi anch’essi di culti iniziatici, ricordavano. Quella terra era Atlantide, la cui matrice appare chiara se si osserva con attenzione e mente sgombra da pregiudizi.