Tra le molte leggende che sono nate tra le balze e le forre dei Monti Sibillini, ce n’è una in cui la nostra Sibilla non fa una bella figura. La povera Sibilla infatti a volte è stata dipinta come donna saggia e veggente, ma in altri casi come una malvagia fattucchiera pronta a scatenare i disastri più terribili. Questo è il ruolo che riveste nella storia di Pretare.
Pretare
Pretare è una frazione di Arquata del Tronto, le cui case in pietra si ergono sotto lo sguardo vigile del Monte Vettore. Purtroppo dovremmo usare più correttamente il passato e dire “si ergevano”. Il terremoto del 24 agosto 2016, e le scosse successive, hanno praticamente distrutto ogni cosa. Ma noi, se permettete, continueremo ad usare il presente.
Sorgendo lì, all’incrocio di tanti luoghi magici (la Grotta della Sibilla, il lago di Pilato), Pretare non poteva non aver sviluppato una sua particolare mitologia. Secondo quanto narra la tradizione locale, Pretare fu fondata nientemeno che dalle Fate. Ecco come andarono le cose.
Sibilla Invidiosa
C’era una volta un paesino ameno che sorgeva sulle falde del Monte Vettore e che si chiamava Colfiorito. Il suo nome era dovuto al fatto che si trovava davvero su un colle che era sempre ricoperto di erba e fiori. Questi fiori venivano fatti sbocciare dalle Fate che amavano scendere dalla Grotta della Sibilla per incontrare i pastori e i contadini con i quali ballavano tutta la notte.
Una sera però qualcuno un po’ su di giri prese ad insultare una delle Fate, per via dei suoi piedi caprini. Offese, le creature magiche tornarono al loro rifugio e lì si lamentarono sonoramente con la Sibilla. La sua reazione non si fece attendere. Sibilla, che era in grado di governare le forse della Natura, scatenò la furia della Terra. Un terremoto scosse la montagna e una frana di pietre ricoprì l’amena località di Colfiorito.
Solo molti, molti anni dopo, dei nomadi decisero di fermarsi in questo luogo ora pietroso, che perciò chiamarono Pretare. E le Fate, che dimenticano in fretta i torti subiti, tornarono a ballare con pastori e contadini, facendo scrocchiare i lor piedi caprini. Stavolta nessuno si sognò di prenderle in giro, e così ebbe origine il ballo del saltarello.
Una Storia che si Ripete
La leggenda fu così narrata da Secondo Balena, studioso di folklore piceno, in un suo articolo intitolato “Le fate del Vettore”. Ogni tre anni gli abitanti di Pretare erano soliti tenere un grande spettacolo in cui si rievocavano quei fatti, a cui si aggiungeva anche l’intervento del buon Guerin Meschino. Poi, due anni fa, Sibilla deve essersi adirata di nuovo, perchè la storia si è ripetuta davvero.
Il 24 agosto del 2016 un grande terremoto ha buttato giù le case di Arquata, Pescara del Tronto, Amatrice, Accumoli, tante altre frazioni, e Pretare. Da allora un silenzio surreale è sceso su quelle case un tempo piene di sorrisi e luci, su quel che ne resta. Ma io ho detto di volerne parlare al presente perchè, se le case crollano e le persone muoiono, lo Spirito sopravvive.
Il dispettoso e caparbio genius loci sibillino non ha dato pace ai superstiti. Anche se costretti prima a vivere lontani dai luoghi del cuore, e poi ad abitarli in ripari di fortuna, quest’anno gli abitanti di Pretare hanno deciso di far rivivere quell’antica leggenda e il grande spettacolo che la narra, “La Discesa delle Fate”.
Auspicio e Monito
Così tanto resta da fare: le case ferite, deturpate, aperte a metà, sono ancora lì, rocce tra le rocce. Pretare è tornata la pietraia sassosa che era, e in due anni molto, molto poco è stato fatto. Troppo poco. Allora perché fare uno spettacolo? Non è solo un modo per cercare un po’ di normalità da parte di chi ha visto il proprio mondo distrutto e lacerato.
Io credo che lo spettacolo sia insieme un auspicio e un monito. Auspicio che, come narra la leggenda, Pretare possa risorgere da quelle pietre che sembrano aride, ma sono intrise della magia dei Sibillini. Monito a rispettare la Montagna, Madre Terra, a non deridere le Forze della Natura.
Chi ha subito il terremoto è un passo avanti a noi, anche se non lo sa. Il suo mondo è già stato squadernato sotto il cielo, il velo di apparenza che cela la Verità è stato diviso in due. Ora loro possono guardare oltre, dritto negli occhi del Futuro, un Futuro che spaventa ma che non può più essere frainteso.
Sibilla ha parlato: fragile Uomo, ibis redibis non morieris in bello. Da questa guerra possiamo uscire morti, o vivi: sta a noi interpretare le parole di Sibilla. Il genius loci è forte, più forte delle inadempienze, della mancanze, delle bugie, delle promesse non mantenute. La Montagna è forte: essa resiste contro il vento che soffia, contro la neve e il Sole che spacca. E chi è nato ai suoi piedi è così, indomito. Resistete, Gente della Montagna: sulle Rocce che siete noi ricostruiremo.