La ricerca di Atlantide è più del mero passatempo ozioso di un qualche archeologo improvvisato: è un’esigenza che si deve avvertire alla luce di svariati indizi che testimoniano come, in effetti, la storia dell’Uomo così come l’abbiamo scritta presenta delle inesattezze. Studiosi, scienziati di varie discipline e oceanografi si sono appassionati a questo studio che non è basato solo su una favola, ma su reperti e testimonianze troppo numerose da poter essere ignorate. La Russia è uno dei Paesi che più degli altri ha compiuto enormi sforzi per poter infine alzare il velo di Maya e scoprire quanto c’è di vero dietro quella che in molti considerano solo mitologia.
Studi e ricerche della Russia
Michail Vasil’evič Lomonosov (1711 – 1765) non era chiamato a caso il “Leonardo da Vinci” russo. Lomonosov aveva elaborato una teoria sulla scomparsa delle terre a causa dei terremoti, e ha esortato gli scienziati a studiare le leggende su Atlantide e trovarla. Le sue parole però non furono ascoltate che molto tempo dopo da Avraamiy Norov, il ministro dell’istruzione della Russia.
Questi, nel 1854, raccolse gli articoli sparsi di Lomonosov in un volume intitolato “Studi di Atlantide”, scritto in russo e tradotto in tedesco. Più tardi, all’inizio del XX secolo, il “New Journal of Foreign Literature” ha pubblicato due articoli anonimi: “Un romanzo di 12 mila anni” e “Atlantide esisteva davvero?” che aprirono una nuova stagione di speculazioni. I poeti simbolisti russi presero Atlantide come spunto per le loro opere, ma è solo nel 1912 che la questione si fece più concreta.
In quell’anno furono pubblicati contemporaneamente tre libri su Atlantide, ma il più notevole di essi è “La mitica Atlantide e l’Atlantide geologica” di Vladimir Bogachev. Bogachev raccolse tutte le prove paleogeografiche e geologiche concludendo che la storia di Platone è solo un’utopia, sebbene basata su fatti seri.
Nuove deduzioni
Una sorta di riassunto all’evoluzione della “atlantologia” russa fu l’articolo di Valery Bryusov “Teachers of Teachers”, pubblicato nel 1917 sulla rivista “Letopis”. Bryusov qui fornisce una panoramica delle informazioni disponibili su Atlantide, chiedendosi infine: se riteniamo che i popoli antichi siano i nostri insegnanti, allora chi erano i loro insegnanti? La risposta a questa domanda è Atlantide.
Dal 1923 al 1930 il critico letterario Dmitry Sergeyevich Merezhkovsky scrisse alcuni libri sulla civiltà perduta di Atlantide, che considerava antenata dell’attuale, di cui prevedeva la fine nel fuoco. Finalmente nel 1926 lo storico Boris Bogaevsky studiò la questione dal punto di vista geologico rintracciando nella popolazione Guanches delle Canarie i discendenti degli Atlantidei.
Fu però solo negli anni Sessanta-Ottanta che la ricerca si fece più rigorosa e basata solo su fatti scientifici. L’opera “Atlantide: i problemi principali dell’atlantologia” del chimico Nikolai Zhirov è stata un punto di riferimento eccezionale. Si basava su recenti dati di geologia e oceanologia. Gli studi successivi si basano in gran parte sulle sue osservazioni.
Giungiamo infine all’inizio del XXI secolo, quando la Russia appare in posizione privilegiata rispetto ai progressi dell’atlantologia mondiale. Alcuni dei maggiori esperti nazionali sono Alexander Alexandrovich Voronin (morto nel 2012) che è stato editore dell’almanacco annuale “Atlantis: Problems, Ricerche, Hypotheses” e Vladimir Ivanovich Shcherbakov (morto nel 2004) il quale organizzò il primo Congresso degli Atlantologi russi nel giugno del 2000.
Le idee di Voronin
Voronin, che è stato Presidente della Società russa per lo studio dei problemi di Atlantide (ROIPA), si è interessato all’argomento Atlantide per tutta la sua vita adulta. Voronin considerava lo sviluppo dell’Atlantologia come una conoscenza interdisciplinare che deve combinare le conoscenze provenienti da diverse branche del sapere: oceanologia, oceanografia, geologia, etnologia, etnografia, biologia, storia e molte altre ancora.
Egli rintracciava due problemi principali, o paradossi, relativi alla ricerca di Atlantide. Il primo paradosso è la richiesta, da parte degli scettici, di trovare un oggetto “Made in Atlantis”. Questo è impossibile, in quanto non si troverà mai un manufatto atlantideo: ce ne sono tonnellate nei depositi di tutti i musei del mondo, o in collezioni personali (i cosiddetti OOParts). L’età di molti di questi reperti varia da diversi milioni a uno o due miliardi di anni, non rientrando in tal modo nel modello di sviluppo del pianeta e dell’Uomo accettato dalla scienza.
Probabilmente, diceva Voronin, non c’era un’isola nell’Atlantico chiamata “Atlantide”. È stato Platone a dargli un nome simile. La mitologia e la mitografia pre-platonica parlano di molti altri nomi. Pertanto, non si può cercare la conferma del nome nelle sue macerie, quanto più indizi sparsi che testimonino come ci fosse una civiltà molto antica, probabilmente sparsa sull’intero pianeta, precedente a quelle riconosciute e accettate.
Il secondo paradosso
Il secondo paradosso è proprio questo: tutti vogliono trovare un’isola. Ma lo stesso Platone dice che c’erano dieci regni intorno al regno centrale. Oltre a questi dieci stati, c’erano molte altre isole, forse colonie o regni satelliti di Atlantide. Voronin propone quindi il concetto di una “pluralità di terre atlantidee”, sparse in tutto il pianeta. Graham Hancock ha scoperto tali “tracce degli dei” in tutto il mondo, che rivelano antiche connessioni tra civiltà apparentemente non correlate l’una all’altra.
La tradizione esoterica confermerebbe questa accezione di Atlantide. Secondo Madame Blavatsky, in tempi remoti, Atlantide era un enorme arcipelago, costituito da “un gruppo di molte isole e penisole”. Il concetto di “pluralità delle terre atlantidee” presuppone comunque l’esistenza di una civiltà centrale suddivisa in regni principali, ausiliari e colonie. Il loro numero poteva essere illimitato.
Le scoperte passate e… future
A partire dagli anni ’60 le scoperte più sensazionali sono state fatte alle Bahamas. Qui è stata scoperta la “Strada di Bimini”, oltre ai resti di antichi templi, diverse dozzine di colonne di marmo, pietre tagliate e levigate e blocchi di granito, ceramiche e statuette in ceramica realizzate intorno al 5000-3000 a.C. Anche i due blocchi di pietra da taglio, trovati nel 1975 e nel 1995, sembrano far parte di questo complesso.
Dal 1989, diverse organizzazioni, tra cui il gruppo Search for Atlantis, il progetto GAFA e il progetto Alta hanno iniziato a utilizzare nuove tecniche nella ricerca subacquea. Nell’ambito di questi progetti, dal 1997 al 2001, sono state effettuate sette spedizioni alle Bahamas. Nel 1998, lo scienziato Bill Donato ha trovato tre cerchi concentrici a sud dell’isola di Andros, rovine che assomiglierebbero alla capitale di Atlantide come descritta da Platone.
Al largo dell’isola di San Paolo (costa orientale del Brasile), sono state trovate tracce dei movimenti olocenici della crosta planetaria durante gli ultimi 12.000 anni. Sul fondo dell’oceano ci sono granito, scisti e segni di agenti atmosferici. I blocchi litosferici sono apparsi affondati di recente sul fondo, e non sono ricoperti da sedimenti marini.
Nell’estate del 1998, l’Istituto di Meta-Storia e l’Istituto di Oceanologia dell’Accademia Russa di Scienze Naturali pianificarono di iniziare a preparare una spedizione. Purtroppo, per mancanza di fondi, la spedizione non ebbe luogo: mirava ad esplorare la zona estrema della Cornovaglia nota come Land’s End. Lì, nei pressi delle isole Scilly, è molto probabile si trovino indizi interessanti sul continente perduto.
Le conclusioni
Alexander M. Gorodnitsky, dottore in Scienze Geologiche e Mineralogiche, ha detto:
Le prove dell’esistenza di Atlantide possono cambiare la comprensione concettuale dello sviluppo della natura e della vita sulla Terra. Questo problema è così importante che deve essere affrontato seriamente, con solide basi scientifiche.
La biologia moderna sostiene che l’umanità sul pianeta non si è sviluppata da un punto, ma simultaneamente su diversi continenti. Anche le famose piramidi non sono un monopolio dell’Egitto ma si trovano in tutti i continenti. Inoltre, se prendiamo in considerazione le civiltà più antiche a noi note, ad esempio l’egiziana, la sumera e l’India, dicono che la loro dimora ancestrale era nell’oceano ed è morta a causa del cataclisma.
Pertanto, la questione di Atlantide non sorge per oziosa curiosità. Questa è una domanda sulle nostre radici storiche, sul trovare le origini della civiltà umana e la sua dimora ancestrale.
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