A dimostrazione del fatto che sappiamo davvero poco del nostro passato più remoto, dobbiamo ammettere con rammarico che non siamo più in grado di leggere le orme scritte che i nostri antenati hanno lasciato dietro di sé. Resta ad esempio un enigma lo scopo delle incisioni presenti sulla pietra di Cochno, un reperto antico di migliaia di anni e di rara bellezza. Ecco cosa sappiamo sulla pietra di Cochno e le sue misteriose incisioni.
Dall’Età del Bronzo
La pietra di Cochno (Cochno Stone), che viene chiamata anche “pietra dei Druidi” (per quanto non si sia trovato alcun collegamento palese con i sacerdoti dei Celti), è datata al 3.000 avanti Cristo. Ha dunque oltre 5000 anni, ma venne riscoperta solo nel 1887 dal reverendo James Harvey in prossimità della fattoria di Cochno.
Il reperto, che dunque risale all’Età del Bronzo, si trova in Scozia, nella regione del Dunbartonshire, nella parte nord di Clydebank. Misura 13 metri di larghezza per 8 di ampiezza, e si estende per un centinaio di metri quadri. La pietra è arenaria, ed è ricoperta da circa 90 disegni e graffiti di varia natura, incisi con abilità e dall’aria vagamente familiare.
Ci sono infatti molti petroglifi ricorrenti nelle incisioni rinvenute in varie parti del mondo. In particolar modo uno è il segno più frequentemente ripetuto, quello che nel gergo tecnico viene definito “coppella” (in inglese “cup and ring mark”). Si tratta di un’incisione concava, poco profonda, attorniata da dei cerchi concentrici. Nel complesso la figura ricorda un labirinto e si trova in siti archeologici dell’Europa, dell’America, dell’India, in Egitto. Insomma, praticamente ovunque, Italia compresa.
Oltre alle coppelle, altri segni che hanno incuriosito gli archeologi e gli studiosi sono una croce, chiaramente pre cristiana, inscritta in una forma ovale. Ci sono poi disegnate due impronte di piede, ma non chiaramente umane, in quando possiedono quattro dita anziché cinque. Che cosa rappresentano tutte queste numerose figure?
L’enigma della pietra di Cochno
Fin dal giorno in cui fu riportata alla luce, tanti eminenti studiosi si sono lambiccati il cervello per interpretare la pietra di Cochno. Bisogna precisare che non si tratta di un unicum per la zona in cui si trova, ma anche che è l’unico esemplare di petroglifi così ben disegnati, e così complessi. I primi a tentare di decifrare gli antichi simboli furono lo stesso James Harvey insieme a John Bruce and William Donnelly.
La popolarità del sito però cominciò a crescere a partire dai primi decenni del Novecento, quando Ludovic McLellan Mann elaborò la sua teoria secondo la quale il complesso di disegni e simboli non era altro che una mappa astrale, in grado di anticipare le eclissi solari. Mann dipinse con i colori ad olio le linee che secondo lui collegavano i vari disegni, e questo fatto cominciò ad attirare i turisti.
Molti di quelli che si recavano alla pietra di Cochno, quindi, lo facevano per curiosità e non per interesse scientifico o archeologico. Accadde così che il prezioso reperto venisse ricoperto di altro genere di graffiti, questi ultimi “moderni”. Ciò condusse alla drastica decisione di coprire di nuovo la pietra con la terra e di nasconderla, facendola confondere con il sottobosco.
Tale decisione fu presa e messa in atto nel 1965 per volere degli archeologi dell’Università di Glasgow e dell’Ancient Monument Boards nazionale. Lo scopo era quello di preservare la pietra di Cochno da ulteriori atti vandalici. Qualcuno però si è rammaricato di tale decisione in quanto ha anche privato la gente comune del piacere di osservare quelle iscrizioni, tentando forse di trovarci un senso. C’è anche chi ha pensato che la scelta fosse più dettata dalla volontà di occultare il reperto e il suo vero (ma ancora enigmatico) significato.
Cosa significano le incisioni sulla pietra di Cochno
Nel 2016 è avvenuto un fatto epocale: la pietra è stata disseppellita al fine di poterla studiare con le moderne attrezzature tecnologiche che si hanno oggi a disposizione. La sua superficie, dopo essere stata ripulita dalla terra, è stata mappata in 3D, fotografata in ogni angolazione e ripresa con l’ausilio di droni. In seguito è stata nuovamente occultata alla vista dei profani.
In base alle dichiarazioni rilasciate all’epoca dai vari partecipanti al progetto, tutti i rilievi dovrebbero servire per costruire un modello tridimensionale della pietra di Cochno che serva per studiarne la superficie senza “disturbare” ulteriormente l’originale. Si parlò anche di un lavoro in sinergia con la gente del posto, che conservava ancora molte memorie sull’epoca in cui la pietra era accessibile a tutti.
Ad oggi un’approfondita ricerca in rete non ci ha mostrato i risultati di quegli studi, che si suppone siano ancora in corso. Per questo possiamo aspettarci nuove mirabolanti rivelazioni sulle incisioni misteriose. Per il momento restano dunque in piedi tutte le ipotesi fatte in questi ultimi decenni. Quella che ai tempi fece più scalpore, ma che è anche stata rigettata dalla scienza ufficiale, è l’idea che la pietra sia una mappa stellare.
Una visione più prosaica della questione dice che si tratti sì di una mappa, ma degli insediamenti della zona all’epoca delle incisioni. Ci sono poi le interpretazioni mistiche e religiose. Forse la pietra era un luogo sacro, che simboleggiava la credenza nella reincarnazione e quindi rappresentava tanto una tomba che un utero, una fine e un inizio.
Quello strano labirinto
Di certo il segno che incuriosisce di più (al pari, forse, dei piedi con quattro dita) è la coppella, ovvero il labirinto che si dipana da uno specchio d’acqua centrale. La depressione scavata nella roccia, infatti, secondo molti, serviva a contenere dell’acqua o altro liquido. La coppella, come dicevamo, è assai ricorrente in moltissime parti del mondo, in iscrizioni più o meno coeve alla pietra di Cochno.
La coppella compare non solo come incisione ma anche come affresco o disegno: ad esempio a Pompei, dove viene definito il labirinto del Minotauro. Ma la troviamo anche in Spagna, in Grecia, in Inghilterra, in Svezia e sull’isola di Creta. E poi, più lontano, in India, in Siria, in Arizona, in Egitto, in Perù. Uno dei simboli sacri degli indiani Hopi è molto simile al “labirinto”.
La forma che si trova sulla pietra di Cochno e in molte altre incisioni e iscrizioni preistoriche evoca non solo un labirinto, ma anche un’altra immagine. La pianta che si viene a disegnare (uno specchio di acqua al centro, circondato da quelli che potrebbero essere canali) assomiglia alla descrizione che Platone fa della capitale di Atlantide. Che tutte queste antiche civiltà continuassero a fare riferimento ad una civiltà più antica ancora?
Non lo sappiamo, né sappiamo cosa racconta la pietra di Cochno e se magari quei segni non sono altro che un alfabeto molto molto antico. Ora la pietra di Cochno è di nuovo sotto la terra, occultata agli sguardi indiscreti, ma nello stesso punto in cui si è sempre trovata. E può continuare a far parte di quel più vasto disegno di cui è certamente partecipe.
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