Che l’Egitto presenti molti misteri che ancora oggi attendono una risposta definitiva è noto. Ci sono però dei ritrovamenti che hanno avuto meno risalto di altri, perché più degli altri faticano a trovare un inquadramento preciso all’interno di quelle che sono le spiegazioni ufficiali fornite dall’archeologia dogmatica. Questo è il caso, ad esempio, del Serapeo di Saqqara e dei suoi sarcofagi… che forse non erano sarcofagi.
La scoperta
Era il 1850 quando l’archeologo francese Auguste Mariette fece una scoperta davvero sensazionale. Scavando nei pressi di Saqqara, la sua squadra trovò la testa di una statua che sporgeva dalle sabbie. Scavando ancora, si scoprì che quella statua era solo una di una lunga serie di sfingi che costeggiava il viale d’ingresso ad una struttura sotterranea costituita da diversi tunnel scavati nel sottosuolo.
Quando Mariette e i suoi riuscirono ad entrare, trovarono qualcosa che li lasciò senza fiato. Sotto ad un tempio situato a nord ovest della piramide a gradoni di Djoser si dipartiva una serie di gallerie. Le più piccole erano chiaramente catacombe, poiché stipate di sarcofagi e di altri oggetti di uso comune nelle sepolture egizie. La più grande però presentava caratteristiche peculiari.
La Grande Galleria era occupata da 24 grandi “sarcofagi” (ma vedremo più avanti che questa attribuzione è tutt’altro che certa). Si trattava costruzioni molto più grandi degli altri sarcofagi in legno trovati nel resto della struttura. Misurano infatti oltre 3 metri di altezza e 4 di lunghezza, e oltre 2 di profondità. Avevano tutti un coperchio ed erano costruiti in pietra dura, granito. Il loro peso singolo era stimato di circa 80 tonnellate.
Ogni “sarcofago” era inserito in una nicchia il cui pavimento era ribassato, quindi si trovava, per così dire, incastonato al suo interno. 22 delle 24 costruzioni erano perfettamente al centro di ogni stanza. Solo due si trovavano fuori posto, decentrate. Solo tre di questi imponenti contenitori presentano delle iscrizioni in geroglifici. Molto povere, come appena sbozzate.
L’attribuzione a Serapeo (serapeum)
Questo è quanto apparve agli occhi dei primi che entrarono nei tunnel sotterranei di Saqqara. C’è da dire anche che parte delle volte delle gallerie erano crollate. Le gallerie sono infatti scavate nel calcare, molto più friabile del granito di cui erano fatti i presunti sarcofagi. I coperchi erano leggermente spostati, tanto che alcune pietre erano cadute all’interno, che per il resto era completamente vuoto.
La spiegazione che nei decenni a venire venne data per spiegare la natura di questo luogo eccezionale è che si trattasse di un Serapeum. Il Serapeo non era altro che un tempio dedicato alla dea Serapide, una sorta di sincretismo tra Osiride e il dio Api che venne effettuata in epoca ellenistica in Egitto. Nel Serapeo erano spesso custoditi i corpi imbalsamati di tori, in quanto il dio Api aveva sembianze di un toro.
Per questo le gallerie di Saqqara vennero considerate un serapeo: molti dei sarcofagi in legno trovati nei tunnel minori erano di tori. Si dice quindi che anche i grandi contenitori in granito che si trovano nelle nicchie all’ingresso un tempo custodivano mummie di tori, che sono state trafugate in passato dai razziatori di tombe. Questa è la spiegazione che l’archeologia ufficiale offre.
Ci sono però parecchie cose che fanno un po’ dubitare di tale versione. Come detto, sarcofagi con tori ce ne sono parecchi nelle gallerie più interne, insieme ad arredi funebri, stele dipinte e altri oggetti di valore. Nulla però fa pensare che i “sarcofagi” in pietra contenessero mummie sacre. Perché costruirli così grandi, tanto per cominciare? E c’è dell’altro.
Troppe incongruenze
La datazione ufficiale che viene data al presunto Serapeo è all’incirca il 1300 avanti Cristo. Sicuramente fu scavato progressivamente, in tempi successivi. Molte delle note lasciate da Mariette sono andate perdute, ma qualcosa della sua testimonianza è rimasto. Si tratta di un libro, basato sui quaderni originali dell’archeologo francese, edito nel 1882 a cura del professor G. Maspero e intitolato “Le Sérapeum de Memphis”.
La testimonianza riporta quanto abbiamo scritto sopra. I 24 sarcofagi erano semi-aperti, 2 fuori posto, vuoti. Nelle gallerie minori c’erano ancora tutti i ricchi corredi funebri, e un sarcofago con una mummia umana anziché di toro all’interno. Un sarcofago molto più piccolo di quelli in granito. Insomma, niente che facesse pensare che dei razziatori di tombe fossero passati di lì prima di Auguste Mariette.
Questi, che usava i metodi di scavo dell’epoca, dunque decisamente spregiudicati, dovette usare l’esplosivo per smuovere uno dei coperchi di pietra, i quali pesano ognuno circa 30 tonnellate. Come avrebbero potuto dei ladruncoli riuscire a spostarlo, senza danneggiarlo? E perché avrebbero portato via solo delle mummie di tori con tanti altri oggetti interessanti a loro disposizione? Va detto anche che le nicchie in cui sono inseriti i sarcofagi di granito costituiscono un tutt’uno con gli altri tunnel.
Insomma, la spiegazione del “serapeo” convince poco. O, per meglio dire: le gallerie minori sono sicuramente un serapeo. Ma quei grandi contenitori squadrati che si trovano inseriti in cavità che sono solo poco più grandi di loro hanno tuta l’aria di essere lì da molto tempo prima, costruiti da qualcuno che non apparteneva alla civiltà dell’Antico Egitto. E soprattutto, non contenevano di certo delle mummie.
Che cosa contenevano i “sarcofagi” di granito
Le modalità costruttive utilizzate per realizzare i sarcofagi di pietra sono abbastanza stupefacenti. All’esterno non sono proprio perfetti, ma all’interno hanno angoli di 90 gradi precisi. La pietra è levigatissima. I coperchi non sono semplici lastre, sono a loro volta sbozzati. Ognuno presenta o delle cavità o delle protuberanze, come se ci fosse qualcosa attaccato, magari che li collegava l’uno all’altro.
Come sono stati messi in quelle piccole nicchie che per lo più hanno il pavimento ribassato? Sono pesantissimi, spostarli deve aver richiesto uno sforzo improbo e ingiustificato. Perché infatti non costruire cavità più grandi? Il granito usato non è uguale per tutti i sarcofagi: ne sono stati impiegati di diversi tipi, tutti però molto duri. Gli egiziani non possedevano strumenti in grado di lavorare una pietra così dura con tanta precisione.
Ci sono poi i due sarcofagi “fuori posto”. L’impressione che si riceve osservandoli è che qualcuno stesse tentando di portarli via, e non di metterli dentro le nicchie. Come se, in un tentativo di fuga, alla fine avesse dovuto desistere dal suo intento. Non prima, però, di aver portato via il prezioso contenuto di quei contenitori (i coperchi erano tutti parzialmente aperti).
Mariette non fa menzione dei geroglifici. Questi ultimi sono numerosi nelle gallerie minori, ma i sarcofagi in granito sono per lo più spogli. Le iscrizioni presenti su solo tre dei 24 contenitori hanno l’aria di essere state fatte in un secondo momento. Nel complesso, è chiaro che questa parte del cosiddetto Serapeo è antecedente al resto, e aveva una destinazione d’uso completamente diversa. Quale? Non lo sappiamo, ma sono state fatte anche ipotesi in tal senso.
Più antichi dell’Egitto
Sappiamo che esistono molte ipotesi anche in merito alla Piramide di Cheope e alla sfinge, che sostengono che siano molto, molto più antiche di quanto non si dica. Ecco, i misteriosi blocchi scolpiti del Serapeo di Saqqara potrebbero essere manufatti costruiti da quella stessa civiltà progenitrice dell’Egitto: Atlantide? Questo spiegherebbe perché qualcuno cercò di rimuoverli, forse di salvarli, di portarli via, in vista di una grande catastrofe imminente.
Cosa c’era nei sarcofagi che non erano sarcofagi? Forse dispositivi tecnologici, qualcosa che poteva produrre energia o riverberarla, o produrre suoni, o chissà che altro che non non possiamo nemmeno immaginare perché quella tecnologia è per noi perduta. Sono sempre e solo ipotesi, ma valide quanto l’idea poco convincente che dentro una struttura così ampia si potesse mettere la mummia di un toro, decisamente sproporzionata al resto.
C’è anche chi parla degli “Antichi Astronauti”, di una razza aliena scesa sulla terra che ha lasciato tracce delle sue costruzioni extraterrestri. L’unica cosa certa è che gli egiziani non avevano i mezzi fisici per costruire e mettere in quelle posizioni dei blocchi di granito tanto massicci. Come qualcuno ha obiettato, ne possedevano le conoscenze: ma non gli strumenti adatti.
Mettendo in fila le spiegazioni “ufficiali” e quelle “alternative”, scopriamo che le seconde sono decisamente più convincenti. L’unico difetto? Di essere alternative e di attingere ad una storia che dai più non è riconosciuta e viene ritenuta solo “mitica”.
Pingback:Il Disco di Sabu: tecnologia sconosciuta dall'Antico Egitto