Non è la prima volta che si sente parlare di un uomo salpato con la sua barca e non più tornato. Purtroppo di casi simili la storia ne è costellata, ma nessun caso fu più misterioso e singolare di quello di Donald Crowhurst. Donald decise di sfidare il Mare e il Mare, con la sua Immensità imperscrutabile, mise a dura prova la sua Umanità.
1968: Quando i Miti Accadevano
Questa storia ha inizio nel 1968 e non ci stupisce. In quegli anni si credeva che i Sogni potessero realizzarsi, che con la Volontà fosse possibile cambiare il Mondo. In quei tempi tutti si credevano un po’ Maghi, e Donald Crowhurst non rimase indenne da quella fiammata vitale. A quei tempi venne organizzata una gara incredibile: la Sunday Times Golden Globe Race. Si trattava della circumnavigazione del globo in solitaria, senza scalo.
L’anno prima sir Francis Chichester c’era riuscito, ma con una sosta: adesso il nuovo obiettivo era non fermarsi mai. Alla gara si iscrissero in tutto in nove, tutti navigatori provetti, veri lupi di mare… tranne uno, Donald Crowhurst.
Molti commentatori definiscono Crowhurst il tipico “marinaio della domenica”, senza alcuna esperienza. La prima domanda è: perché decise di prendere parte ad un’impresa tanto rischiosa? A quei tempi non c’erano i moderni mezzi di navigazione, doveva attraversare zone impervie del globo, la solitudine avrebbe messo a dura prova chiunque. Eppure lui appariva molto sicuro di sé.
Le motivazioni materiali sono note: aveva molti debiti e sperava con la vincita di risollevare le sue sorti. Ma a dirla tutta poteva trovare tanti altri modi per fare soldi. Rischiò la vita, abbandonando sua moglie e i suoi figli, solo per denaro? Probabilmente c’era dell’altro: forse voleva dimostrare a se stesso che non era solo un grigio ometto di provincia. Forse voleva dimostrare che anche lui era in grado di fare qualcosa di Grande.
La Regata
Partì su un trimarano che i giornali definivano “tecnologicamente avanzato”, il Teignmouth Electron, per ultimo, il 30 Ottobre del 1968, quando i suoi avversari erano già molto avanti. Subito iniziarono le difficoltà: l’imbarcazione faceva acqua, le viti saltavano, e Donald non era in grado di governarla. Non ci volle molto perché capisse che non aveva alcuna opportunità di successo. E qui inizia la vera storia.
Nella mente di Donald prese forma un folle piano: aspettare tranquillo che gli altri arrivassero, accodarsi a loro tenendosi intanto lungo le coste atlantiche del Sud America per poi tornare, ultimo e sconfitto, ma non disonorato. Pensò di falsificare i libri di bordo e che, arrivando ultimo, nessuno li avrebbe controllati.
Ed ecco il secondo quesito: perché per quell’Uomo era tanto difficile ammettere la sconfitta? Solo per orgoglio? Donald si era creato un’aura vincente nei giorni precedenti la partenza, tanti credevano in lui proprio perché in lui vedevano il riscatto dell’uomo medio, che poteva comunque vincere il Mare. Donald ha fatto a suo tempo quello che molti fanno ancora oggi con i social: trasmettono un’immagine fasulla, fittizia, dorata, celando in fondo al cuore dubbi e trepidazioni.
La Grande Beffa
Ma l’inganno non tenne. Uno ad uno, i partecipanti si ritirarono. Il favorito, il velista francese Bernard Moitessier, ad un passo dal traguardo decise di continuare. A faccia a faccia con il Grande Mare, lui non rimase annichilito ma estasiato, e capì che un premio o il denaro non potevano dargli l’equivalente di quello che aveva scoperto e assaporato in quel viaggio: la libertà.
Donald non poteva più sperare di farla franca: al ritorno avrebbero controllato i suoi libri e avrebbero scoperto la truffa. Fu allora che si spezzò qualcosa in lui, da quello che sappiamo analizzando proprio quei libri di bordo. Da una parte aveva annotato le coordinate fasulle; dall’altro aveva redatto le sue memorie personali, che si fanno via via più confuse e, dicono alcuni, deliranti.
Anche la scrittura diventa malferma, inconcludente. Donald filosofeggia, affermando che ogni uomo gioca a scacchi con il Diavolo e che “non esiste il bene nè il male, solo la verità”. Il 29 giugno del 1969, a 243 giorni dalla partenza, l’uomo annota le ultime parole.
It is finished. It is the mercy
É finita. È la pietà
Poi… scompare. La sua barca fu ritrovata alla deriva, di lui alcuna traccia. Oggi il Teignmouth Electron è abbandonato sull’isola di Cayman Brac, nel Mar dei Caraibi.
Il Mare, Il Mare
A noi resta il grande quesito che Donald, forse inconsciamente forse no, ci ha lasciato in eredità: cos’è che spinge un uomo a fare ciò che fa? La storia lo ha giudicato impietosamente, come un truffatore, un esaltato, un bugiardo. Eppure Donald ci ispira immediata simpatia. Ha fatto il passo più lungo della gamba, ma per una volta ha voluto essere più di ciò che era destinato ad essere.
Non è questo forse il “folle volo” di Ulisse e la grande ambizione umana da sempre? Dimostrarsi superiori agli dei, capaci di cambiare o orientare la propria sorte, capaci di sfidare quel destino che le stelle hanno scritto per noi. Naturalmente si può fallire: nel racconto dantesco Ulisse si condanna alla morte e alla dannazione eterna. Ma quando si gioca, o ci si gioca tutto o non si gioca nulla.
Vale la pena di fare una vita controllata, valutando sempre ogni mossa, senza azzardare mai? O forse ognuno di noi vorrebbe imbarcarsi su un veliero e salpare verso mari sconfinati, con il terrore nel cuore ma con il desiderio insopprimibile di dimostrare di essere capace di compiere un’impresa memorabile?
Allora, io credo, anche se non si riesce, non si è sconfitti: provare non è mai colpevole, colpevole è non provarci nemmeno. Il Grande Mare ha fiaccato l’animo di Donald e lo ha indotto a credere che i suoi simili non lo avrebbero perdonato: ma quello stesso Grande Mare lo ha avvolto nel suo abbraccio egli ha rivelato l’Ultima Verità. Lui, che credeva nella tecnologia, scrisse
Progresso verso cosa? Perché? Verso l’integrazione cosmica, naturalmente, dove altro pensi che stiamo andando?
La folle corsa dell’Uomo è, in verità, un ritorno, il ritorno al Tutto da cui siamo nati. L’unico errore commesso da Crowhurst, nei limiti in cui ognuno di noi è in grado di riconoscere negli altri i propri errori, è stato non avere fede nel fatto che la sua gente lo potesse accettare diverso dall’immagine che aveva dato di sé. Ma questo è un errore comune, e non fingerci più diversi da quello che siamo potrebbe essere il primo passo per cessare di commetterlo.
Durante la vita ogni uomo gioca su uno scacchiere cosmico col diavolo. Ogni uomo può decidere da solo chi ha vinto. È difficile capire chi sta vincendo il gioco, perché Dio gioca con certe regole, e il Diavolo con regole opposte
Donald Crowhurst (1932 – 1969)