La Sibilla Appenninica abita nel cuore della montagna che porta il suo nome: ma il Monte Sibilla non è il solo sul quale sono fiorite leggende e storie fantastiche. Sarà perché la montagna, proprio in quanto tale, suscita connessioni profonde nell’animo umano, poiché luogo che diventa fulcro di grandi energie cosmiche. E questa non è solo una favola. Un’altra montagna che cela molti misteri si trova in California: scopri il magico Monte Shasta e le sue leggende.
Un vulcano dormiente
Il Monte Shasta si trova nella regione di Siskiyou, in California, e fa parte della catena chiamata Cascade Range. Appartiene anche alla cosiddetta “Cintura di Fuoco”, in quanto è un vulcano: dormiente, ma attivo. I vulcanologi non possono prevedere quando erutterà di nuovo, ma si presuppone un evento di grande potenza. Il Monte Shasta è alto oltre 4.000 metri e affascina scalatori di tutto il mondo con le sue vette impervie.
Trovandosi alla sua presenza è impossibile non sentire che ci si trova davanti ad un luogo di grande potere. Le sue pendici sono abitate dall’Uomo da molti millenni, ma la prima volta in cui la sua esistenza venne riportata da un americano fu nel 1826. Si trattava di Peter Skene Ogden, a capo di una spedizione della Hudson’s Bay Company. Ben presto il fascino del vulcano conquistò non solo scalatori provetti, ma anche scrittori e poeti.
La sensibilità degli artisti venne toccata profondamente dalla bellezza della natura selvaggia di questi luoghi. Al Monte Shasta furono dedicate poesie e scritti, ma non solo: ben presto divenne anche un centro religioso. Per i nativi americani il Monte Shasta era abitato da esseri dell’Oltremondo; sui suoi pendii furono costruite chiese cristiane e monasteri buddisti. Sempre sul finire dell’Ottocento, altre storie cominciarono a diffondersi sul Monte Shasta.
Era il 1905 quando venne pubblicato il libro “A dweller on two planets” (letteralmente, “Un abitante di due pianeti”). La pubblicazione fu ad opera di Mary Elizabeth Manley-Oliver ma l’autore del libro era suo figlio Frederick Spencer Oliver. Oliver aveva scritto la sua prima (e unica) opera a soli 19 anni di età ed era poi morto poco dopo aver completato il manoscritto, che fu pubblicato postumo.
Un abitante di due pianeti
La cosa più curiosa del libro è che non viene presentato come un “romanzo di fantascienza” o come opera di fantasia. Nell’introduzione, l’autore dice di aver compilato il manoscritto in una forma di trance, usando il mezzo della scrittura automatica. A “parlare” tramite il suo corpo e la sua mano era un tibetano di nome Phylos. Phylos racconta la civiltà di Atlantide, dicendo di provenire da quel luogo ma di essersi reincarnato svariate volte attraverso i secoli successivi.
Atlantide era un luogo di meraviglie tecnologiche: nel libro vengono descritti dispositivi che sarebbero stati inventati solo molto tempo dopo. Ad esempio, si parla della televisione, dei condizionatori d’aria, di telefoni senza filo e microscopi atomici. Si narra la fine di Atlantide, per mettere in guardia l’Uomo a non abusare dei mezzi tecnologici. “Ciò che si semina, si raccoglie” dice Phylos.
In seguito racconta di aver viaggiato con un corpo astrale, mentre il suo corpo fisico rimaneva presso il Monte Shasta, che si presenta dunque come una “porta”, un luogo in cui diversi piani di realtà sono in grado di mettersi in connessione tra di loro. Si capisce come tutto il racconto non abbia alcun fondamento scientifico o alcuna parvenza di veridicità: ma sta di fatto che dal momento in cui fu pubblicato molti hanno notato che questa montagna, in effetti, presenta peculiarità che potrebbero metterla in correlazione anche con il Continente Madre Mu.
Il Monte Shasta e Mu
Che cosa c’entra un continente, che secondo James Churchward sarebbe esistito ancora prima di Atlantide nel pacifico, e una montagna che si trova in California? Pare che nei pressi del Monte Shasta siano avvenuti molti avvistamenti: luci, suoni, quel genere di cose che di solito si collegano agli extraterrestri e, più in generale, agli UFO. C’è però chi crede che nel cuore del vulcano esista una città di cristallo, Telos.
Questa città sarebbe abitata da quel che resta dell’originaria popolazione di Mu. Mu, al pari di Atlantide, venne distrutta a seguito di un errato uso di potenti energie. Chi riuscì a salvarsi e a fuggire decise di ripararsi dal mondo. I lemuriani vengono descritti infatti come creature più che umane, in grado di usare particolari poteri spirituali e di spostarsi con il solo pensiero.
Pare che l’interno del Monte Shasta sia ricolmo di oro e gemme. Alcuni escursionisti raccontano di aver incontrato delle persone curiose, molto alte, che apparivano come dal nulla e altrettanto misteriosamente scomparivano. Fu nel 1925 che un autore che si firmò solo come “Selvius” raccontò che Edgar Lucian Larkin, astronomo presso l’Osservatorio di Mount Lowe a Los Angeles, aveva visto con il suo telescopio i lemuriani che si aggiravano sul Monte Shasta.
Da allora gli avvistamenti si sono moltiplicati, così come i racconti leggendari su quel che si celerebbe dentro il vulcano. Queste sono storie recenti: ma quel che è certo è che da sempre i nativi americani del luogo raccontano che nella montagna vivono creature divine. Anzi, dicono che il creatore stesso scese dal Monte Shasta.
Leggenda e verità
Potremmo elencare decine, forse centinaia di fatti strani accaduti sulle pendici del Monte Shasta. Naturalmente a nessuno di essi si può dare un qualunque tipo di spiegazione, né tanto meno servono a confermare il fatto che i discendenti di Mu vivano al suo interno. Alcune certezze, però, ci sono. Questa montagna non è “sacra” perché gli uomini l’hanno resa tale, ma perché la sacralità è insita nella sua stessa natura.
Si dice spesso che l’uomo – una volta passato dalla vita nomade a quella stanziale – abbia avuto bisogno di creare le religioni per darsi un assetto sociale. In base a recenti teorie, potrebbe essere accaduto il contrario: ovvero che la necessità di riunirsi per praticare riti e cerimonie abbia spinto l’uomo ad aggregarsi in comunità. Questo ribalta la prospettiva: ci fa capire che nei racconti mitici e religiosi c’è più di quel che si creda.
Esistono luoghi sulla Terra che possiedono forze peculiari, e i nostri antenati sapevano riconoscerli. Il Monte Shasta è uno di questi, al pari del Sinai, al pari dell’Olimpo. Possiamo credere che al suo interno abitino i lemuriani, o che sulla loro sommità ci siano gli dei che gozzovigliano. Quel che è certo, è che qui i mondi si intersecano e le Porte della Percezione si aprono. I poteri cosmici si coagulano e vengono incanalati.
I nostri antenati lo sapevano e sfruttavano i poteri delle montagne. Poi noi abbiamo dimenticato, e in tempi recenti qualcosa sta tornando ad affiorare alla memoria. Al cospetto dell’imponenza del Monte Shasta, sai con certezza che la nostra realtà non è che una delle molte che esistono. E quando appaiono luci inspiegabili, puoi pensare che siano navicelle spaziali, o che sia l’Universo che cerca di dire “Io ci Sono”.
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