Nella tradizione ebraica si tramanda una figura leggendaria che è passata anche nell’immaginario collettivo per le molte implicazioni, anche morali, che presenta. Parliamo del golem, una creatura fatta di argilla in cui un rabbi esperto può insufflare lo spirito vitale. Il golem è un protettore, un gigante nato per difendere gli ebrei. Però è senza anima, e privo del dono della parola. Si narra che a Praga ancora, certe volte, si aggiri per le strade della città.
Come nasce la leggenda del golem di argilla
Pare che la prima fonte nella quale si parla del golem, e delle modalità di fabbricazione, sia il Talmud, ovvero uno dei testi sacri dell’ebraismo. Il termine in quanto tale è però già presente nella Bibbia in quanto si riferisce ad Adamo nelle primissime ore della sua creazione. Stando al racconto biblico, Adamo era stato plasmato da Dio con l’argilla. Prima che Dio gli fornisse il suo spirito, non era che un pupazzo senza vita. Poi divenne un uomo. Golem vuol dire “materia grezza”.
Il golem dunque è un pupazzo, che ha sì vita, nel senso che può muoversi, ma non ha coscienza propria né prova sentimenti. Non è altro che un automa nella mani del suo creatore: per questo spesso viene associato ad un moderno robot. Nel Sefer Yetzirah (Libro della Creazione) che è uno dei testi fondamentali dell’esoterismo ebraico, si narra la procedura con la quale si può creare e animare un golem.
La parte più facile è modellarlo nell’argilla. Le prime illustrazioni mostrano una figura umanoide, però molto alta, oltre i due metri, e molto muscolosa. Il suo scopo è difendere la comunità ebraica, quindi doveva essere anche molto forte. In seguito, venne raffigurato invece come un gigante massiccio con una cintura attorno alla vita imponente. Per farlo muovere si dovevano usare delle “parole magiche”, lettere dell’alfabeto ebraico.
La “parola magica” per eccellenza era “shem”, il nome segreto di Dio, che vuol dire “verità” e si compone delle tre lettere aleph, mem, e tav. La parola andava scritta sulla fronte del colosso, o su una tavoletta di argilla che gli veniva poi inserita in bocca, o in un braccio.
Il golem di Praga
La figura del golem è comune a tutta la cultura ebraica, ma senza ombra di dubbio il più famoso è il golem di Praga. Ai tempi di Rodolfo II d’Asburgo, sul finire del XVI secolo, la religione ebraica non era ben tollerata dal Sacro Romano Impero. Viveva a quei tempi a Praga un potente rabbi, Judah Loew ben Bezalel, molto esperto in arti esoteriche. Rabbi Loew decise di costruire un golem per difendere gli ebrei di Praga. Aveva premura di disattivarlo ogni sabato, giorno sacro.
Un sabato, però, se ne dimenticò, e improvvisamente il golem divenne un mostro sanguinario, non più votato alla difesa degli innocenti ma intento a seminare morte e distruzione. Loew riuscì infine a fermarlo proprio sulle porte della sinagoga, togliendo il semet dalla sua bocca. Poi non ebbe più coraggio di animarlo ancora, e leggenda vuole che sia ancora oggi nascosto nella soffitta della sinagoga, che venne sigillata.
In verità poi quella soffitta venne aperta ma non vi vene trovato nulla, nemmeno un cumulo di argilla secca. Ciononostante, rabbi Loew è realmente esistito, e si racconta che ancora oggi, nelle notti nebbiose e misteriose, il golem si aggiri per le strade della città vecchia, animato da motivazioni che lui solo può conoscere.
I discendenti dei golem
Si capisce come questa figura sub umana ma fortissima abbia suscitato da sempre un grande interesse anche nella cultura non ebraica. Si pensa che possa essere stata la diretta ispirazione per Mary Shelley, che creò un altro “mostro”, Frankenstein. Quest’ultimo era formato da pezzi di corpi umani e non da argilla, ma si suscita lo stesso dilemma che solleva anche il golem. Davvero queste creature erano prive di anima, di coscienza e consapevolezza? Cosa resta di un uomo, se lo si priva della sua umanità?
Il golem affascina ancora di più noi uomini moderni perché anche i moderni robot o androidi non sono altro che golem, oggetti che rassomigliano all’uomo ma che sono privi delle sue prerogative massime, la capacità di elaborare idee e di provare sentimenti. Ma chi dice che non possano, un giorno, imparare? Bisognerebbe chiederlo al golem di Praga, che ancora vaga alla ricerca di chissà chi, o chissà cosa.
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