Tra le numerose “ipotesi Atlantide” che sono state avanzate nel corso degli anni, c’è anche quella che riguarda l’isola di Santorini. Quest’isola fu protagonista di un’immane eruzione che la distrusse in gran parte: all’eruzione si attribuisce il declino della civiltà minoica. E alla civiltà minoica appartiene uno dei reperti più enigmatici del passato: il Disco di Festo. Contiene un indecifrabile messaggio che appassiona i linguisti, e ancora nessuno ha potuto leggere con chiarezza.
L’esplosione di Thera
Thera è un’isola che appartiene all’arcipelago delle isole Cicladi e si trova nord di Creta, nel mare Egeo. Qui, come è noto, fiorì una delle più prospere culture del mediterraneo, quella minoica (2700 – 1450 avanti Cristo circa). Tra le più grandi meraviglie archeologiche di sempre ci sono i palazzi dell’isola di Creta, straordinarie architetture che dimostrano la grandezza del popolo che le ideò.
Secondo alcune diffuse teorie, il declino, molto rapido e apparentemente immotivato, della civiltà minoica si legò al disastro che investì l’isola di Thera (oggi Santorini). Il vulcano presente sull’isola eruttò, facendo sprofondare in mare gran parte dell’isola stessa, che oggi ha la forma di una mezzaluna.
Chi crede che Atlantide sia solo un ardito parto della fantasia di Platone (colui che per primo ne scrisse) ritengono che il filosofo avesse tratto spunto da questo evento (accaduto intorno al 1500 avanti Cristo). Quindi, secondo molti commentatori Atlantide non sarebbe altro che un’amplificazione di Thera. Questa teoria, sostenuta da molti, si fonda solo su una somiglianza di eventi ma, a quel che ne sappiamo, ciò che accadde al continente di Atlantide ebbe dimensioni molto maggiori.
Ad ogni modo, anche l’eruzione su Thera ebbe risvolti tragici, che si osservano anche nei palazzi di Creta. L’onda sismica che si propagò a seguito dell’evento vulcanico investì infatti anche quest’isola e tutti i suoi centri più importanti, come Cnosso e Festo. Proprio a Festo, in una stanza sotterranea forse appartenuta ad un tempio, fu rinvenuto un oggetto curioso. Tra terra, ceneri e ossa bruciate, c’era anche un disco molto singolare.
Il Disco di Festo
Era il 1908, e a ritrovare quello che oggi è comunemente noto come il “Disco di Festo” fu un archeologo italiano, Luigi Pernier. L’oggetto in questione, come fa intuire il suo nome, aveva forma circolare. Era fatto di argilla, con un diametro di poco più di 16 centimetri. La cosa interessante erano le iscrizioni impresse su di esso, di foggia e aspetto mai visti.
Il Disco di Festo è scritto seguendo una spirale che va dal centro verso l’esterno del disco stesso (o viceversa). I caratteri che ci sono impressi sopra sono in realtà dei geroglifici, ovvero disegni stilizzati. Ognuno di essi è separato da quello che lo segue e da quello che lo precede da una barra. Pare siano stati impressi con degli stampi quando l’argilla era morbida.
La datazione che è stata data del manufatto sembra farlo risalire alla metà del II millennio avanti Cristo, il che lo renderebbe antico di 4000 anni. Però non è possibile datarlo con certezza assoluta, per cui potrebbe anche risalire a molto tempo prima. La cosa più curiosa è però il fatto che il linguaggio con cui è scritto non appartiene alla civiltà minoica, almeno per quel che possiamo sapere in base agli altri ritrovamenti fatti.
Da oltre cento anni studiosi ed eminenti linguisti si scervellano per capire cosa rappresenti il Disco di Festo. Come sempre accade in questi casi, le ipotesi fatte sono numerose, ma nessuna si può dire con certezza quella definitiva. Alcuni dei simboli che appaiono sul disco assomigliano ad altri simboli già visti nelle iscrizioni di altre civiltà. Nel complesso, però, il Disco di Festo sembra scritto in una lingua ignota.
Le caratteristiche del Disco di Festo
In tutto, i geroglifici impressi sul disco sono 242: 123 su un lato e 119 su un altro. Pare che siano uno straordinario esempio di primo tentativo di stampa a caratteri mobili, che poi però non ha avuto seguito (o è stata dimenticata?). La scrittura non è né il Lineare A né il Lineare B, i due tipi di alfabeto conosciuti usati dai minoici. Tra tutti i simboli, solo poco più di 40 sono identificabili con una certa chiarezza. Per gli altri sussistono solo ipotesi.
Ad esempio, si riconoscono senza problemi figure umane: uomini, donne, bambini, e una testa che sembra indossare un copricapo piumato. Ci sono animali, uccelli, piante, e anche armi. Il simbolo al centro di un lato è stato interpretato come un fiore di loto, seguito da 15 simboli identici a quelli trovati su un’iscrizione in Brasile. Ci sono anche quelle che sembrerebbero essere delle costellazioni.
Tutti i segni che appaiono sul Disco di Festo ricordano quelli visti in altre civiltà. Ad esempio, si notano parecchie somiglianze con alcune trascrizioni di lingua baltica arcaica; chiaramente il primo parallelismo che viene da istituire è con i geroglifici egizi. Altri segni sono simili ai geroglifici anatolici, alcuni simboli forse possono assimilarsi alla scrittura cretese. C’è dunque chi dice che sia un’altra forma di linguaggio minoico, chi propende per un’origine straniera.
In fondo, non è un mistero che i cretesi fossero degli ottimi navigatori e che i loro commerci si svolgessero prevalentemente via mare. Non è assurdo pensare che questo oggetto sia stato importato da qualche landa lontana, non solo nello spazio ma – chissà – anche nel tempo. Tutto questo non aiuta comunque sciogliere l’enigma. A cosa serviva il Disco di Festo?
Le ipotesi sulla natura del Disco di Festo
Le possibili destinazioni d’uso che sono state attribuite al singolare oggetto sono tantissime, ma nessuna con un reale fondamento. C’è chi parla di un calendario astronomico o addirittura di un astrolabio, da assimilare al Disco di Nebra e al meccanismo di Antikythera. Qualcuno dice fosse un oggetto rituale, su cui erano scritti inni sacri, o che comunque riporti una sorta di litania o incantesimo.
L’interpretazione più recente è quella che è stata restituita dal dottor Gareth Owens, che è un linguista. Secondo lui il linguaggio usato sul disco è minoico ed esalta una dea femminile. Su un lato si parla della sua fertilità, e sull’altro invece del suo declino. Sembrerebbe una dea legata ai cicli lunari, come Artemide in Grecia.
Questa ipotesi sembra valida come tante altre. Resta però la profonda e disarmante verità espressa da molti ricercatori, che ritengono che sia assolutamente impossibile anche solo pensare di decifrare il disco in mancanza di altri riscontri. Insomma, a meno che non si trovi un’altra “stele di Rosetta”, il significato del Disco di Festo per noi resterà per sempre ignoto.
C’è poi Marcel Homet, uno scienziato franco algerino che ha pubblicato numerosi libri di antropologia ed etnologia. Per quanto non cerchi neppure di decifrare le iscrizioni sul disco, egli le mette in relazione con Atlantide. Pensa infatti che il misterioso Disco di Festo non sia altro che l’ennesimo indizio che mette in comunicazione i popoli del centro America e dell’Europa come figli di una matrice comune.
Cosa racconta davvero il Disco di Festo
Ancora una volta ci troviamo con un niente di fatto. Ancora una volta, le scienze ufficiali non trovano risposte ad un enigma che ci si rifiuta di studiare da un’altra prospettiva. Forse non riusciamo ad inquadrare il Disco di Festo perché lo vogliamo per forza infilare in caselle con le quali non ha semplicemente nulla a che fare. Il disco potrebbe esser il manufatto di una civiltà che i più si rifiutano di credere perfino che sia esistita.
In ogni angolo del globo sono state trovate iscrizioni che da sole non hanno senso. Cominciano ad assumerlo nel momento in cui le si mette in relazione con altre iscrizioni parimenti “misteriose” e “inspiegabili” (alla luce delle nostre conoscenze). Nessuno lo fa, perché si tratta di luoghi spesso molto lontani, tale che si dice “impossibile” che possano avere avuto contatti in un’epoca in cui non esistevano aerei né treni.
Non sappiamo se il Disco di Festo si legge partendo dal centro vero l’esterno, o al contrario. La spirale che ci è disegnata sopra, però, ci appare tremendamente familiare. Nessuna scrittura che noi conosciamo è circolare: solitamente è lineare, in orizzontale o verticale. Forse questa scrittura apparteneva ad un popolo che pensava usando schemi mentali diametralmente diversi dai nostri.
Continuiamo a ragionare sul Disco di Festo, ma facciamolo come fanno i veri studiosi: senza dare nulla per scontato, e consapevoli che sono molte di più le cose che non sappiamo rispetto a quelle che conosciamo o abbiamo scoperto. Solo così, forse, il disco ci racconterà i suoi segreti.
Oggi il Disco di Festo è esposto nel Museo Archeologico Heraklion di Creta.