Le fitte foreste del Mato Grosso, in Brasile, restano pericolose e impenetrabili persino per noi contemporanei. Anche se possono essere sorvolate con gli elicotteri, o osservate con i satelliti, ben pochi ardimentosi oggi si addentrerebbero nel loro fitto fogliame. L’unico che avrebbe potuto violare il Mato Grosso era uno dei più noti esploratori del secolo scorso, Percy Harrison Fawcett. Questa è la sua storia.
Un esploratore dagli occhi blu
Percy Harrison Fawcett nacque in Inghilterra nel 1867. Studiò topografia e con l’incarico di topografo, agli inizi del Novecento, entrò a far parte dei servizi segreti britannici. Fu in quegli anni che cominciò a costruire la sua fama di esploratore che ispirò il suo grande amico, lo scrittore sir Arthur Conan Doyle, a scrivere uno dei suoi romanzi, “Il mondo perduto”.
Quando aveva 39 anni Fawcett si recò per la prima volta in Brasile, Paese che avrebbe segnato il resto della sua vita. Ci si recò infatti varie volte, sempre con il compito di redigere mappe geografiche, facendo scoperte che furono spesso derise dalla comunità scientifica. Poco alla volta Fawcett divenne amico delle popolazioni indigene locali, e cominciò ad elaborare una sua teoria.
Si convinse infatti che nel cuore del Mato Grosso, nella zona della Serra do Roncador, si trovasse una città perduta. Quella città era stata avvistata dai Conquistadores ed era poi diventata leggenda con il nome di “El Dorado“. L’esploratore però la chiamava solo “Z” ed era sicuro di poterla raggiungere, grazie soprattutto ad un manufatto che era giunto in suo possesso.
L’idolo di basalto e il suo misterioso alfabeto
Nel suo libro “Exploration Fawcett: Journey to the Lost City of Z”, l’esploratore parla di una statuetta giunta in suo possesso. Dal suo resoconto sappiamo che il manufatto gli fu donato da sir H. Rider Haggard, il quale gli aveva detto che proveniva dal Brasile e che era un reperto derivante da una delle città perdute.
La statua era alta 25 centimetri, e aveva fattezze vagamente assomiglianti ad un faraone egizio. Teneva sul petto un cartiglio con incise 24 lettere. Per Fawcett questa era una conferma del fatto che proveniva dal Brasile, poiché 14 di quelle lettere corrispondevano a segni simili che lui aveva osservato su ceramiche ritrovate nei suoi viaggi passati.
Nelle sue memorie, Fawcett racconta di aver portato l’idolo agli esperti del British Museum, che però non seppero venire a capo di nulla. Gli dissero che l’interpretazione di quei simboli e di quell’oggetto era superiore alle loro possibilità. Allora egli decise di rivolgersi ad uno psicometrista. Costui era in grado di vedere il passato degli oggetti che toccava, attraverso le vibrazioni che essi emanavano.
Il racconto dell’idolo
In mano a questo esperto del paranormale, di cui Fawcett non fa il nome, l’idolo “parlò”. D’altro canto anche l’esploratore aveva detto di essere in grado di percepire delle vibrazioni speciali nell’oggetto. Lo psicometrista raccontò di vedere una grande terra che si stendeva tra l’Africa e l’America del Sud. La descrisse nel dettaglio, da est a ovest.
Ad ovest, si trovò ad assistere ad un rituale portato avanti da un sacerdote il cui aspetto era molto simile a quello dell’idolo. C’era un tempio pieno di quelle effigi. Poi una voce gridò che era giunta l’ora che si compisse “il fato dei presuntuosi”. I vulcani cominciarono ad eruttare, la lava scese a ricoprire la terra squassata dai terremoti. Il mare si sollevò e la terra si inabissò, portando con sé la maggior parte dei suoi abitanti.
Il sensitivo disse che non avrebbe saputo dare una data precisa a quanto aveva visto, ma che di certo era accaduto ben prima che la civiltà egizia sorgesse, Concluse infine che la statuetta sembrava posseduta in modo malefico, e che non sarebbe stato saggio riderne.
L’ultimo viaggio di Percy Fawcett
Naturalmente Fawcett non si fece spaventare, al contrario. Adesso era più convinto che mai dell’esistenza della città di Z, che doveva essere stata costruita dagli uomini in fuga dall’isola sprofondata. Grazie al suo fascino innato riuscì a trovare cospicui finanziamenti e preparò una spedizione verso il cuore del Mato Grosso. Decise di portare con sé poche persone, le più fidate, tra le quali suo figlio Jack.
La spedizione partì da Cuiabà nel marzo del 1925. Fawcett aveva l’idolo di basalto con sé, convinto com’era che fosse la chiave per svelare il mistero. Credeva che senza quella statuetta, una volta trovate le porte di Z, non gli sarebbe stato concesso di entrare. L’ultima lettera che inviò a sua moglie Nina veniva dal Dead Horse Camp e fu spedita nel mese di maggio. Da allora, di lui non si hanno più avute notizie.
Prima di partire Fawcett era stato chiaro: se io non torno, disse, nessuno venga a cercarmi. Se non riesco io in questa impresa, nessuno ci riuscirà mai. Non era uno sbruffone. aveva preparato quel viaggio per la sua intera esistenza. O forse semplicemente non voleva essere seguito? Forse era certo di trovare Z, e voleva che quella scoperta restasse tutta sua. In realtà in seguito molte spedizioni partirono alla ricerca dell’uomo e dei suoi compagni. Fallirono tutte e molti persero la vita nella giungla del Mato Grosso.
Qual è stato il fato di Percy Fawcett
L’ultimo indizio circa la probabile fine della spedizione Fawcett è insolitamente recente. Risale infatti al 2005, quando il giornalista David Grann portò avanti un’inchiesta per fare luce sulla sparizione di Fawcett. Un anziano indigeno gli riferì che tra la sua gente si raccontava ancora la storia dell’esploratore bianco. L’uomo era stato avvertito di non proseguire perché sarebbe finito nel territorio di una tribù nemica. Lui non seguì il consiglio, dal che si suppose che fosse stato ucciso.
Le altre ipotesi più accreditate riguardano la possibilità che la spedizione Fawcett sia stata decimata dalla malattia, o che fosse stata assalita da animali feroci. I corpi però non furono mai ritrovati. Altre ipotesi più fantasiose dicevano che Fawcett potesse aver perso la memoria e che fosse diventato un capo tribù. Sua moglie Nina continuò sempre a sperare che tornasse, insieme a loro figlio.
C’è infine un’ultima possibilità, la più fantastica, ma anche la più consolante. Che Percy Fawcett abbia trovato il posto che cercava, e che abbia deciso di restarci. Con lui, è sparito anche l’idolo di basalto che per la maggior parte dei commentatori non era altro che un falso ben elaborato. Ma forse era davvero la chiave verso un altro luogo, remoto nel tempo, ancora attingibile attraverso antiche vestigia nascoste dalla foresta.
Nel 2003 l’antropologo Michael Heckenberger trovò nel cuore dell’Amazzonia i resti di un’antica civiltà nel sito archeologico di Kuhikugu. Forse questa era la perduta città di Z, una delle tante colonie fondate dagli abitanti della perduta Atlantide che il sensitivo contattato da Fawcett riuscì a vedere attraverso gli occhi dell’idolo di basalto. Possiamo dunque dire che il grande esploratore non si era sbagliato, e che la sua ricerca non è stata vana.