Al mondo esistono delle grandi caverne subacquee che vengono chiamate “blue holes”. Il nome si deve al fatto che, in effetti, viste dall’alto appaiono come degli enormi buchi blu. L’acqua al loro interno, per via dell’estrema profondità, appare intensamente colorata, a differenza delle zone immediatamente circostanti che in genere sono delle secche. Cosa si cela in fondo alla più larga di queste doline naturali, nota come “Great Blue Hole”?
I Blue Hole nel mondo
Anche se potrebbero sembrare una rarità, in realtà in tutto il mondo ci sono moltissimi di questi luoghi affascinanti, misteriosi e insidiosi. Se infatti immergersi al loro interno è un’esperienza che qualunque sub vorrebbe fare, è anche estremamente pericolosa. Dentro questi buchi si formano sostanze chimiche che possono causare allucinazioni, sensazione di malessere, e se non si riesce ad emergere in tempo, si può anche morire.
Il Blue Hole del Mar Rosso, in Egitto, è noto anche tristemente come il “cimitero dei sub”. Si calcola che circa una quarantina di ardimentosi abbiano perso la vita per esplorarne le profondità. Nel Dean’s Blue Hole, alle Bahamas, perse la vita Nicholas Mevoli, tentando di vincere il record di immersione in apnea.
Il buco più profondo si trova in Cina, è chiamato Dragon Hole e scende per oltre 300 metri. Altre doline si trovano a Malta, in New Mexico, e infine in Belize. Qui si trova quello che viene definito “the Great Blue Hole“. Il suo diametro di ben 300 metri lo rende il più ampio in assoluto, tanto che si dice che al suo interno potrebbero discendere in tutta tranquillità (si fa per dire) ben due Boeing 724.
In fondo al Great Blue Hole
Il mecenate Richard Branson, dopo anni di ricerche, immersioni, e di tanti interrogativi degli studiosi di tutto il mondo circa l’origine e la conformazione di queste curiose caverne subacquee, ha deciso di finanziare una spedizione che si è svolta il 2 Dicembre 2018. Ciò ha avuto una notevole risonanza mediatica poiché l’immersione si è svolta in diretta su Discovery Channel, e perché vi ha preso parte Fabien Cousteau, nipote del più noto Jacques-Yves Cousteau.
Nel 1971 fu Cousteau ad attirare l’attenzione di tutto il mondo sul Great Blue Hole, recandosi qui con la sua imbarcazione Calypso per monitorarne la profondità. Fu grazie a lui che si capì l’importanza di studiare questa, e le altre doline, per comprendere i cambiamenti climatici. Sembra infatti che i buchi nel mare si siano formati alla fine dell’ultima Era Glaciale.
Un tempo erano caverne calcaree. Poi, con l’innalzamento degli Oceani, finirono sotto l’acqua. Visto che tale livello continua a salire, potrebbe arrivare il giorno in cui non siano più esplorabili. Quindi è necessario agire finché c’è tempo, visto che ciò che si cela al loro interno è talmente incredibile e ancora misterioso da poterci riempire interi libri di storia, biologia, geologia, paleontologia, e persino astrobiologia.
Cosa sapevamo finora sui Blue Holes
Dentro a queste profonde cavità si aprono numerose gallerie, che si dipartono dal buco centrale per inoltrarsi fin dove nessuno sa. Come abbiamo detto, è molto pericoloso addentrarsi troppo. Le conformazioni rocciose hanno dell’incredibile: si possono trovare stalattiti, stalagmiti, drappeggi, spaghetti (sono i nomi di particolari forme che può assumere, con il passare del tempo, la roccia calcarea).
Oltre agli squali, dentro questi buchi c’è una vita sottomarina stupefacente. I biologi hanno trovate numerose specie ancora sconosciute, e la cosa più curiosa è che raramente una specie trovata in un Blue Hole si replica in un altro. Appare come se ognuno di loro costituisse un microsistema a parte. Un altro aspetto molto interessante per gli studiosi è che la particolare atmosfera dei buchi fa in modo che ci siano molte forme di vita capaci di sopravvivere senza ossigeno. Il che fa presagire che potrebbe davvero esserci “vita su Marte” o su altri pianeti dove si abbiano le stesse condizioni chimico-fisiche dei Blue Holes.
Per gli antropologi, invece, sono le gallerie la vera miniera di informazioni. Pochissime sono state esplorate: si pensa che sotto le Bahamas ce ne siano oltre mille ma ne sono note meno di 200. In quelle esplorate sono stati trovati spesso anche resti umani. C’è chi ha legato i Blue Holes alla fine della civiltà Maya, in base ad una teoria elaborata alcuni anni fa.
Cosa abbiamo scoperto oggi
Right now we’re seeing proof that the sea levels were once hundreds of feet lower. #DiscoveryLive #BlueHole pic.twitter.com/8FhTBqq7cz
— Discovery (@Discovery) 2 dicembre 2018
La spedizione di Branson, oltre a cercare di approfondire ulteriormente la ricerca sui cambiamenti climatici, ha avuto soprattutto la finalità di esplorare cunicoli e gallerie. Grazie alle sofisticate attrezzature tecniche che si hanno oggi a disposizione è stato possibile anche ricreare dei modelli in 3D.
In base a quanto si è potuto osservare, appare evidente che le grotte un tempo si trovavano sopra il livello dell’acqua in quanto le stalattiti si formano solo in un ambiente asciutto. Il complesso reticolo di gallerie che si diparte dalla parete sud del Great Blue Hole può estendersi in modo anche molto più vasto di quanto non si credesse finora. Di certo grotte, caverne e gallerie sono state inondate dopo la fine dell’Era Glaciale. Cosa fossero prima, se semplici cavità naturali o qualcosa di più, potrà essere scoperto solo in futuro.
Resta la grande pericolosità di ogni tipo di esplorazione a così grandi profondità. C’è chi dice che i Blue Holes siano per i sommozzatori come la tomba di Tutankhamon per gli archeologi: luoghi maledetti in cui è più facile trovare la morte che le risposte che si vanno cercando. La spedizione di Branson ha aperto però una nuova strada, forse una nuova fase di ricerca.
Cosa si cela in fondo all’Oceano
Per ora non ci sono elementi per crederlo, ma se davvero i Blue Holes sono diventati quello che appaiono oggi 10 mila anni fa, è evidente che, volendo prestare fede al racconto platonico, essi erano terraferma quando Atlantide esisteva. Il continente sprofondò infatti proprio al termine dell’Era Glaciale, forse nello stesso momento in cui vennero sommerse le caverne.
Quanti altri resti umani ci sono là sotto? O forse ci sono anche dei manufatti? Solo l’ardimento di chi avrà di nuovo il coraggio di tornare dentro il Great Blue Hole potrà, un giorno, darci altre risposte. Quello che per ora sappiamo, è che esistono luoghi sulla Terra che possono raccontare storie vere. Se noi non le crediamo tali, è solo perché non possiamo arrivare fino a quei luoghi. O, almeno, non ancora.