L’archeologia subacquea è una delle branche più affascinanti di questa disciplina. Ciò perché è sotto l’acqua che si celano alcuni dei maggiori misteri della storia dell’Uomo. Motivo? Anche se siamo riusciti a mettere piede sulla Luna, ancora non siamo riusciti a svelare i misteri dell’Oceano. La perduta città di Dwarka è uno dei pochi siti che le acque del mare hanno restituito alla Storia, dopo che per secoli è stato creduto solo Leggenda.
Oceano Inesplorato
A beneficio di tutti coloro che dicono che “se Atlantide fosse esistita, avremmo trovato i suoi resti”, facciamo una doverosa premessa. Ad oggi – pur con i sofisticati mezzi tecnologici che possediamo – solo il 5% dei fondali degli Oceani ci è noto. Il 95% resta inesplorato e ignoto. Anzi, possiamo essere ancora più esatti. In verità, l’intero fondale marino è stato scandagliato. Però con un dettaglio di 5 chilometri.
Questo vuol dire che solo oggetti di queste dimensioni sono stati mappati. Per capire cosa comporta, basti sapere che la superficie di Venere è stata mappata al 98% con una precisione di 100 metri. In una parola, lo spazio profondo ci è più familiare delle profondità delle acque terrestri, che occupano ben il 70% della superficie del pianeta. Insomma, è un po’ come dire che non sappiamo un bel niente del luogo in cui viviamo.
Questo stato di cose è determinato dal fatto che le esplorazioni a grandi profondità presentano un gran numero di difficoltà e rischi. Ci sono in primis gli ostacoli burocratici, in quanto i permessi spesso devono essere chiesti a diverse autorità nazionali. Poi bisogna avere attrezzature adeguate, personale qualificato. Le alte pressioni dei fondali marini, il caldo e il freddo estremi, specie animali sconosciute e potenzialmente pericolose, completano il quadro.
Aggiungiamo, da ultima, la questione economica. Se gli Stati sono disposti a sborsare milioni di dollari o euro per le esplorazioni spaziali, pare che invece le esplorazioni subacquee non rivestano lo stesso interesse. Un vero peccato, perché invece una buona fetta della Storia dell’Uomo è laggiù. Sul fondo degli Oceani. E la città di Dwarka lo dimostra.
La perduta città di Dwarka
Fino agli anni Novanta, Dwarka era un luogo ritenuto fantastico e leggendario. La sua esistenza era attestata solo da un testo molto importante per la tradizione indiana, il Mahābhārata, un poema epico che ogni buon indù conosce a menadito. Dwarka, secondo le fonti letterarie, si trovava nella parte nordoccidentale del continente indiano, e si affacciava sulla costa. Anzi, era stata costruita proprio in mezzo alle acque.
Si narra che Krishna, nato da Vishnu, vivesse nella città di Mathura. Qui subì per ben 17 volte l’assalto di Jarasanda, un crudele tiranno. Riuscì sempre a respingerlo, ma al diciottesimo attacco decise che la sua gente ne aveva abbastanza. Krishna chiese allora al sovrano dei mari, Samudradeva, un lembo di terra sicuro dove costruire una nuova città per il suo popolo.
Il dio allora fece emergere dalle acque delle isole e lì fu edificata Dwarka. La città viene descritta con dovizia di particolari. C’erano 12 distretti attraversati a un dedalo di strade. I palazzi reali erano ben 900.000, erano costruiti con argento e pietre preziose, soprattutto smeraldi. Dwarka era fiorente poiché commerciava via mare. La sua opulenza gli attirò l’inimicizia di un altro sovrano malvagio, Salwa.
Questi attaccò la città dall’alto, con una macchina volante chiamata “Saubha Vimana”. Questa macchina era anche un’arma che emetteva dardi infuocati. Krishna rispose con le sue frecce incendiarie. Alla fine, Krishna decise di abbandonare la terra e le acque ricoprirono Dwarka, che finì nell’Oceano e si dissolse tra le nebbie del mito. Un mito però vivissimo nelle tradizioni degli indiani.
La Dwarka subacquea
Per secoli si è detto che il Mahābhārata non fosse altro che un’esagerazione letteraria. La grande guerra tra Krishna e Salwa, che si svolge a livelli epici, non era altro che una scaramuccia tra due signorotti locali. Poi, nel 1963, fu finanziata la prima spedizione nell’area dell’odierna Dwarka, che si trova nella regione del Gujarat. Vennero trovati dei reperti che incoraggiarono spedizioni successive.
A partire dal 1984 si sono susseguite così diverse campagne di scavi subacquei che, poco alla volta, hanno rinvenuto degli enormi palazzi, molto simili a quelli descritti negli antichi miti. Sono stati trovati anche molti reperti: argille e ceramiche, gioielli, sculture, materiali da costruzione, resti umani. Le datazioni arrivano fino a 9.500 anni fa.
Ecco dunque che la Dwarka di Krishna diventa reale, prendendo forma sotto gli occhi degli affascinati archeologi. Oggi c’è la certezza assoluta che i racconti considerati leggendari sono invece dei resoconti storici. Quello che è adesso l’obiettivo più immediato da raggiungere è capire perché e come la città affondò. Furono davvero le “armi atomiche” di Krishna e Salwa a distruggere Dwarka?
Per ora, l’ipotesi più accreditata è che la città sia stata sommersa dall’innalzamento delle acque seguito al disgelo dell’ultima grande glaciazione. Insomma, le accadde ciò che accadde ad Atlantide. Se Dwarka esiste, perché non Atlantide? Le ricerche proseguono: chissà quali altri meraviglie potrebbe riservare la perduta città di Krishna.