I siti più antichi nei quali possiamo cominciare a leggere la storia dell’Umanità sono quelli megalitici. Appare quasi un controsenso che l’Umanità, ai suoi esordi, si desse pena di erigere costruzioni che persino per noi oggi presenterebbero sfide molto complicate dal punto di vista tecnico e pratico. Quasi tutti i siti megalitici presentano dei misteri: ma uno dei più intellegibili in assoluto è quello della Bada Valley, in Indonesia, la cui genesi ancora oggi non trova una spiegazione plausibile.
Quegli strani esseri antropomorfi
Dobbiamo andare indietro di circa un centinaio di anni e risalire al 1908 per raccontare la storia moderna dei megaliti della Bada Valley. Fu in quel periodo che vennero notati o, per meglio dire, che ne venne riconosciuta l’importanza archeologica., Fino a quel momento i coltivatori di riso si erano limitati a girarci attorno, inventando storie fantasiose sul modo in cui si erano generati.
Ci troviamo in Indonesia, sull’isola di Sulawesi e all’interno del Lore Lindu National Park. Questo luogo è parecchio impervio. Per arrivarci servono dei mezzi 4×4 al fine di riuscire a guadare i fiumi e attraversare gli acquitrini. Forse per questo non molti archeologi si sono dati la pena di studiare un sito che è forse tra i più affascinanti del pianeta, in quanto non trova nessun altro riscontro e sembra unico nel suo genere.
Su tutta la vallata, tra una parte e l’altra del fiume Sungai Lariang, si trovano circa 400 megaliti, anche se alcune fonti dicono che siano addirittura più di mille. Quelli più interessanti sono quelli che sono stati scolpiti con fattezze umane. Sono appena una trentina, e ad una prima occhiata fanno pensare ai Moai dell’isola di Pasqua. Infatti hanno teste molto grandi, mentre il corpo ha dimensioni rimpicciolite. Ricordano anche le pietre di Gobleki Tepe. Lo stile non assomiglia però né ai primi, né alle seconde.
La cosa che più colpisce dei misteriosi personaggi della Bada Valley è che hanno tratti decisamente “alieni”, che non si possono rassomigliare esteticamente a nessun’altra produzione artistica o scultorea conosciuta. Hanno grandi occhi tondi, le sopracciglia, il naso e le guance sono poco più che linee dritte. Non hanno arti, a volte sono corte braccia, e spesso presentano organi genitali di dimensioni esagerate. Sono di varie dimensioni, il più alto è di circa 4 metri.
Palindo e gli altri
Alcuni di questi megaliti sorgono dal terreno, stanno un po’ inclinati, altri sono mezzi sepolti, altri ancora sono seduti. Uno di loro sembra una scimmietta, ma qualcuno dice che potrebbe essere un bambino. Il più famoso è chiamato “Palindo”, che vuol dire “l’intrattenitore”. Si pensa sia stato messo qui per fare la guardia al palazzo del re e che quindi fosse una sorta di giullare. Ora sta inclinato pesantemente su un fianco e assomiglia molto alla Torre di Pisa.
Oltre alle figure antropomorfe ci sono altri reperti di grande interesse che sono chiamati “kalambas“. Si tratta di grandi tinozze di pietra, spesso scolpite con figure decorative all’esterno, dotate di enormi coperchi. Alcune hanno un unico vano, altre sono divise in due scompartimenti. Il loro scopo è ignoto. Alcuni dicono fossero vasche da bagno, ma sembra alquanto improbabile. C’è chi sostiene che fossero delle camere di sepoltura.
Una terza ipotesi, che sembrerebbe avvalorata da alcuni resti trovati al loro interno, ipotizza che servissero per separare o preparare dei materiali. In verità, però, gli archeologi brancolano nel buio. Così come non sanno dare una spiegazione plausibile a questi megaliti così ben scolpiti, in una pietra che non è presente sull’isola. Ancora una volta ci troviamo davanti a statue colossali il cui materiale di costruzione è stato portato da lontano, per motivi ignoti, presumibilmente con enorme fatica.
La datazione che viene correntemente accettata per queste costruzione dice che le più antiche risalgono a 5.000 anni fa, ma c’è chi fa ipotesi ancora più remote, fino alla fine della Glaciazione, 12.000 anni fa. Ogni ipotesi è plausibile, perché il vero mistero sta nel fatto che nessuno abbia la più pallida idea di quale civiltà possa aver eretto questi megaliti.
Chi abitava qui
Nella zona della Bada Valley non ci sono tracce di insediamenti antichi. Non sono stati ritrovati gli utensili con i quali sarebbero state scolpite le pietre, niente di niente. Come dicevamo, lo stile con cui le pietre sono incise non ricorda nessun’altra iconografia conosciuta, né in tempi antichi né moderni. Si ignora il motivo per cui tutte queste opere siano state erette, e perché siano sparse un po’ ovunque.
Per la gente del posto i megaliti con facce umane un tempo erano persone in carne ed ossa che sono state tramutate in pietra per punizione, a seguito di varie malefatte perpetrate. Anche questa è una spiegazione molto ricorrente nel folklore locale di vari angoli del globo: giganti mutati in pietra al volgere di un’epoca. La spiegazione, naturalmente, non è soddisfacente, ma di certo affascinante.
Un’ipotesi che è stata avanzata dall’antropologo Martin Gray è che la costruzione dei megaliti risalga addirittura a molto prima dell’ultima grande glaciazione, a quando il livello del mare era assai più basso e le attuali isole indonesiane erano parte di un unico subcontinente chiamato Sundaland. Non riuscendo però a trovare una spiegazione “terrestre” ai kalamabas e alle statue, Gray parla di una civiltà extraterrestre che potrebbe aver creato questi manufatti.
Un’altra ipotesi che possiamo avanzare è quella di Mu. Quando il colonnello Churchward è morto i megaliti della Bada Valley ancora non erano stati scoperti; ma probabilmente lui li avrebbe collegati al Continente Madre che millenni fa si stendeva nell’Oceano Pacifico. Senza dire che le fattezze delle statue, Palindo compreso, sono molto simili ai simboli grafici delle tavolette dei Naacal e di Niven.
Un luogo sacro
Ognuno dei megaliti di Bada Valley ha la sua storia da raccontare. Oltre Palindo, c’è anche Langke Bulawa (Braccialetto Dorato), che è una donna alta un metro e 80. La gente del posto ha una spiegazione per ognuno di loro. C’è un altro megalite che si chiama Tokala’ea, che fu mutato in pietra perché stuprava le ragazze. Infatti la sua pietra è profondamente incisa da tagli che dovrebbero essere cicatrici. Poi c’è Tadulako, che era il protettore del villaggio ma rubò del riso e subì anche lui la trasformazione in granito.
Insomma, queste pietre saranno anche immobili da secoli ma possiedono più vita di quanto non si possa immaginare. Perse nella vallata, sotto il cielo azzurro, attendono il ritorno di chi li ha costruite. Vennero dal cielo o vennero dal mare? A che servivano le grandi vasche circolari, erano forse dei crogioli alchemici o solo luoghi in cui conservare le derrate alimentari?
L’unica supposizione che si può fare osservando la dislocazione dei megaliti è che quando furono eretti il paesaggio di questo luogo doveva essere molto, molto differente. E siccome ogni datazione che è stata ipotizzata resta incerta, non possiamo escludere che vengano da un passato più remoto di quanto non ci riesca di immaginare.
Forse i loro occhi tondi hanno visto uomini che erano simili a noi e che oggi più non sono, come più non è la terra che hanno abitato. Bada Valley cela un grande mistero, ma non è l’unico su questo pianeta. Forse la soluzione all’enigma è la stessa per tutti, è il nome di civiltà che hanno anticipato la nostra, che più non sono, ma che avrebbero tanto da insegnare se solo le si lasciasse parlare ancora.
Per consultare altri simboli delle tavolette di Niven si può visitare il sito
https://nivtab.my-mu.com/nivtab/ .