Il tempo fa molte cose: invecchia le persone, distrugge gli edifici, e trasforma la storia in mito. Più un ricordo è lontano, più si colora dell’aura della leggenda. Ma non vuol dire che quel ricordo sia fasullo.
La città che più non era
Secondo Omero, quando Paride ed Elena fuggirono dal re Menelao, scatenando con il loro amore sacrilego la guerra di Troia, si fermarono in un luogo che si trovava sul delta del fiume Nilo. Qui fondarono una città che era nota come Heracleion. Il suo nome era legato al semidio ercole, ma per gli egizi si chiamava Thonis.
Thonis/Heracleion avrebbe anche potuto essere solo un’invenzione leggendaria. Certo, se ne trova qualche sparuto riferimento in Erodoto e altri importanti storici greci. Dopo la fondazione di Alessandria, però, non se ne sentì più parlare. Forse noi oggi potremmo pensare che questo luogo non è mai esistito. In fondo, anche la guerra di Troia era ritenuta leggendaria, prima delle scoperte dell’archeologo Heinrich Schliemann.
Nel 2000 però Frank Goddio, padre italiano e mamma francese, durante una serie di immersioni di ricerca al largo di Alessandria d’Egitto trovò qualcosa. Trovò costruzioni, statue, persino navi. Goddio aveva cercato, sulla base di mappe e testimonianze, Heracleion. Alla fine, era riuscito a trovarla.
Cos’era Heracleion, cosa ne resta oggi
Heracleion ci è stata descritta come una sorta di Venezia. Era una città portuale molto importante per i commerci marittimi, e in particolar modo per i collegamenti tra la Grecia e l’Egitto. Era costruita su una rete di canali e al suo centro vi era un tempio imponente, dedicato al dio Amon. Heracleion/Thonis fu fondata tra il VI e il IV secolo a.C. e probabilmente sprofondò in mare tra il VII e l’VIII secolo d. C.
Perché accadde ciò? Le ipotesi sono tante e nessuna confermata. Secondo Goddio gli edifici di Heracleion erano molto pesanti e costruiti su un terreno insidioso. Un’inondazione o un forte maremoto, o terremoto, potrebbero aver causato lo sprofondamento della città, con tutte le sue ricchezze e forse con la sua gente. Non sappiamo se gli abitanti abbiano avuto il tempo di salvarsi.
Tanti paragonano Heracleion, che si trova 6 chilometri al largo delle coste egizie a circa 30 metri di profondità, a Pompei. Ma se scavare Pomepi è “facile”, con la perduta Thonis si parla di qualcosa di ben più complesso. La città era molto più grande, almeno tre volte Pompei, e si trova in fondo al mare. L’UNESCO vieta che le statue e i reperti di dimensioni maggiori vengano riportati a galla.
Goddio dice che sono ormai oltre 17 anni che torna ad immergersi per scoprire le meraviglie di Heracleion, ma è rammaricato perché, secondo lui, ce ne vorranno almeno 200 per scoprire tutto quello che c’è là sotto.
Se la passione vince la scienza
Sul sito di Frank Goddio, grazie all’European Institute of Underwater Archeology, oggi è possibile “vistare Heracleion”. Sul sito infatti c’è una mappa interattiva che mostra quanto è stato scoperto finora. Si parla di 70 imbarcazioni, 700 anfore, numerose stele scolpite in geroglifici egizi e greco antico. Le statue rinvenute sono splendide: tra di esse c’è la più grande immagine mai ritrovata del dio Hapi, che rappresentava il Nilo.
Sono state ritrovate la testa in basalto di un Faraone e una statua di granito nero, ma senza testa. Tra la sabbia si celava persino una preziosa boccetta di profumo, e persino i piccoli sarcofagi di animali portati al tempio per offerta devozionale. Alcuni oggetti sono esposti al Museo di Alessandria d’Egitto, ma la maggior parte dei reperti di dimensioni maggiori sono, e resteranno, sul fondo del mare.
L’aspetto curioso del ritrovamento di Heracleion è che nessuno l’avrebbe cercata. Nessuno studioso “serio” avrebbe perso il suo tempo con una città che poteva anche non essere mai esistita se non nei racconti. Frank Goddio, classe 1947, era un consulente finanziario anche piuttosto quotato. Un bel giorno, nel 1983, ha deciso di lasciare il suo remunerativo lavoro per inseguire un sogno: ritrovare Heracleion.
Frank ha studiato, ma soprattutto ha avuto fede. E possiamo solo immaginare cosa abbia provato quando, per la prima volta, si sarà imbattuto in un muro, un ormeggio, o una statua, che gli hanno fatto capire che la sua fede era stata premiata.
Da Heracleion ad Atlantide
Fin troppo facile saltare alle conclusioni, accusano molti studiosi, archeologi e storici. Perché è istintivo fare un collegamento. Così come Heracleion è stata ritrovata, dopo oltre mille anni trascorsi sotto l’acqua, perché non potremmo un giorno ritrovare anche Atlantide, che si suppone si trovi a ben oltre 30 metri di profondità?
Le analogie sono tante, ma è chiaro che si parla di due realtà molto diverse. C’è un solo elemento che ci fa davvero sperare. Se Schliemann ha trovato Troia, quando tutti dicevano che era solo fantasia, e se Goddio ha riscoperto Heracleion, quando nessuno avrebbe scommesso mai che potesse riuscirci, vale sempre la pena credere, e sperare, e studiare.
Qualcuno dal passato, come Pollicino, lascia piccole tracce che possono scomparire o apparire invisibili ad un occhio poco attento. Se però qualcuno ha la pazienza di seguire quelle tracce oltre ogni ragionevole dubbio, ecco, non sappiamo dove i suoi passi potrebbero condurlo.
Questa è la mappa di Heracleion. Facciamo un giro nel mito, prima di tornare alla realtà.