Negli anni Sessanta, in una remota regione della Turchia sudorientale, vennero trovati resti di antichi insediamenti umani a cui non si prestò molta attenzione. Passarono oltre trent’anni prima che qualcuno si accorgesse che sotto quelle colline si celava una scoperta stupefacente: Göbekli Tepe.
Nel 2018 Göbekli Tepe è diventato Patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco; nel 2019 il governo turco lo ha ufficialmente aperto al pubblico come sito turistico. Ma gli archeologi dicono che ci vorranno ancora oltre 150 anni per scoprire tutto quello che Göbekli Tepe ha da raccontare.
Questo cambia tutto ciò che sapevamo
L’uomo che per primo comprese la reale portata di ciò che emergeva dal sottosuolo di Göbekli Tepe, termine che vuol dire “collina tondeggiante”, fu lo studioso Klaus Schmidt, che per vent’anni della sua esistenza ha studiato ininterrottamente il sito e i suoi reperti. Schmidt fu chiamato con una squadra di archeologi tedeschi a dissotterrare quelle che sembravano grandi lastre in pietra. Era il 1994.
Quello che poco alla volta emerse dagli scavi apparve fin da subito stupefacente. Lentamente comparivano dalle sabbie del tempo monoliti, obelischi, bassorilievi e incisioni di grande precisione e bellezza. Nel giro di pochi anni si capì che in quel luogo c’erano costruzioni circolari o ovali, fatte da pilastri, il cui scopo lì per lì appariva incerto.
Le prime datazioni al radiocarbonio fatte sull’argilla diedero una risposta abbastanza sconcertante alla domanda. quanto tempo fa fu costruito il sito di Göbekli Tepe? La risposta, confermata anche da indagini successive, è: oltre 11 mila anni fa. Questo, disse Ian Hodder, antropologo all’Università di Stanford, cambia tutto. E non stava esagerando: ecco perché.
Göbekli Tepe: prima di Stonehenge, prima delle Piramidi
Per capire l’eccezionalità della datazione, bisogna prima capire com’è fatta Göbekli Tepe. Premesso che ancora c’è molto da riportare alla luce, finora gli scavi hanno mostrato la presenza di quattro recinti delimitati da pietre di calcare di 15 tonnellate ognuna. Al centro di ogni recinto ci sono due pilastri alti tra i 3 e i 6 metri fatti a forma di “T” e scolpiti a bassorilievo con figure, animali e simboli.
Tutto questo venne fatto da uomini dell’epoca preistorica, quando si suppone che non fossero in grado di fare nulla di tutto ciò. Per capirci meglio, Göbekli Tepe risale a 6000 anni prima dell’invenzione della scrittura da parte dei Sumeri, e a 6000 anni prima della costruzione del sito megalitico di Stonehenge, che risale “appena” al 3000 a.C.
Quello che però appare davvero singolare è che questo non era un insediamento umano, non un luogo in cui si vivesse o praticasse l’agricoltura, che ancora non era stata inventata. Gli uomini che vivevano in questa zona della Turchia erano cacciatori ed eressero Göbekli Tepe come tempio. Questa almeno è l’ipotesi più accreditata.
Se questo fosse vero, ciò vuol dire che il culto degli dei è nato tra gli uomini prima della stanzialità e non viceversa. Questo implica la necessità di riscrivere molte delle nozioni che ormai credevamo date per assodate. Ovvero, l’uomo ha cominciato a costruire luoghi di culto ben prima di costruire case per se stesso.
Un tempio sotto le stelle o un luogo per celebrare la morte
I grandi monoliti a forma di “T” sembrano mimare in tutto e per tutto una sagoma umana. Intorno sono raffigurate parti anatomiche, come gomiti o mani, anche se non ci sono facce. Però sono state rinvenute statue simili all’idolo di Shigir, che fanno ipotizzare che quelle figure amorfe fossero le divinità dell’uomo antico: giganti.
Gli animali scolpiti con grande maestria sui pilastri sono stati interpretati in due modi. C’è chi dice che le divinità fossero loro, e c’è chi dice che invece siano ataviche raffigurazioni delle costellazioni a noi conosciute. Secondo quest’ultima lettura, Göbleki Tepe era un osservatorio astronomico, ma anche un luogo in cui commemorare un evento celeste avvenuto circa un millennio prima.
Secondo un gruppo di studiosi dell’Università di Edimburgo la stele detta “dell’avvoltoio”, dove si trova chiaramente raffigurato, tra gli altri animali, un avvoltoio, è in realtà una mappa celeste. Gli animali sarebbero antiche raffigurazioni delle costellazioni note anche a noi oggi. Queste costellazioni però un tempo occupavano una posizione molto diversa nel firmamento.
Con i loro disegni simbolici gli uomini di Göbleki Tepe hanno raffigurato il cielo così com’era circa due millenni prima che loro erigessero il tempio. Raccontano di una grande catastrofe, una pioggia di meteoriti che cambiò l’asse terrestre e causò enormi cambiamenti sul pianeta. Ancora dopo tanto tempo essi ne ricordavano gli effetti disastrosi.
L’evento catastrofico in questione risalirebbe al 10.950 a.C., data confermata da alcune indagini geologiche condotte in Nord America, nel cui suolo è stato trovato l’iridio. Questo materiale è presente in grandi quantità sula Terra solo laddove è avvenuto un impatto con una meteora.
Anche se tutto questo non ha avuto conferme ufficiali e definitive, sembra molto più plausibile dell’ipotesi di un generico tempio dedicato a divinità in forme animali. Apre però anche un inquietante scenario per il nostro futuro, perché ciò che è accaduto potrebbe ripetersi. Anzi, è certo che si ripeterà, in quanto gli sciami meteorici sono fenomeni ricorrenti.
Continue scoperte a Göbleki Tepe
Visto che il sito è recente, ci sono ancora molte cose che Göbleki Tepe ci può rivelare, e che attendono di essere scoperte. La vera domanda a cui oggi gli archeologi vogliono rispondere è: perché ad un certo punto il tempio venne interrato? L’enigma più grande posto da questo luogo è infatti il motivo del suo volontario occultamento.
Rispetto a questo fatto non sussistono dubbi. Intorno all’8.000 a.C. gli uomini abbandonarono il tempio, lo ricoprirono con la terra e lo nascosero agli occhi degli uomini. Per sempre? Chissà. Forse sospettavano, o speravano, che in un lontano futuro qualcuno avrebbe dissotterrato le costruzioni avite e magari ne avrebbe tratto un insegnamento.
Gli archeologi continuano a scavare e gli antropologi ad interrogarsi. Come mai i pochi resti umani trovati presentano la chiara deformazione del cranio? Cosa contenevano le enormi giare ritrovate sul sito, che si presume servissero per enormi quantitativi di birra? Ancora domande, domande, domande.
Sotto i mari, sotto la terra, e lassù, negli infiniti spazi del cosmo, ci sono tutte le risposte. Non sono celate: esse attendono l’anima intrepida che sia disposta ad accoglierle e ad accettarle, anche se tanto diverse da quelle attese.