Fin dalla più remota antichità, l’uomo ha sentito il bisogno di lasciare traccia del suo passaggio disegnando e scrivendo sul primo supporto che ha avuto a disposizione, ovvero la pietra. Tutto ciò che è stato vergato sulla pietra, anche se molti millenni fa, è potuto arrivare fino a noi. I petroglifi sono testimonianze estremamente preziose, ma spesso oscure da decifrare. Destano grande curiosità, ad esempio, gli ideogrammi del lago Onega che svaniscono al tramonto.
Il lago Onega
Il lago Onega si trova in Russia, nella parte nord-occidentale e più precisamente nella Repubblica di Karelia. In tutta l’area circostante il lago, per una estensione di circa 20 km, si trovano degli interessantissimi petroglifi che sono stati datati tra i 6 e i 7.000 anni fa, in piena epoca Neolitica. Si tratta di disegni scolpiti lungo le pareti rocciose dei promontori e delle isole costiere che costellano tutto il lago.
Le incisioni sono profonde appena uno o due millimetri, e sono numerosissime: oltre 1200. La peculiarità di questi disegni sta nel fatto che solo pochissimi raffigurano forme umane, mentre per il resto si prediligono immagini astratte dal significato ancora tutto da verificare e icone di animali. L’animale più ricorrente, tanto da apparire quasi come un totem, è il cigno, cosa abbastanza unica anche nel vasto panorama degli altri petroglifi sparsi in tutto il mondo.
Coloro che scolpirono queste immagini sono molto probabilmente coloro che hanno lasciato i resti dei loro stanziamenti in tutta l’area circostante il lago. Si contano infatti quasi 50 siti archeologici dove sono stati rinvenuti anche dei resti umani. Sembra inoltre che possa esistere qualche correlazione tra i petroglifi del lago Onega e quelli trovati lungo le rive del Mar Bianco.
Gli ideogrammi del lago Onega sono stati dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO in quanto, come si può leggere sul sito stesso dell’UNESCO, costituiscono una testimonianza unica lasciata dai cacciatori e pescatori che popolavano questa remota parte d’Europa in tempi antichi. Questi petroglifi ricordano, come spesso accade, altri simboli trovati in altre zone del mondo, anche molto lontane.
Un curioso fenomeno
Uno dei motivi per i quali questi ideogrammi sono maggiormente famosi a livello di appeal turistico è un curioso fenomeno che ha luogo intorno alla fine di Agosto. In questo particolare periodo dell’anno il sole tramonta dietro Capo Besov, emettendo un ultimo raggio rossastro. Allo stesso tempo, la Luna sorge dall’altra parte. Quando si verifica questo fenomeno, i petroglifi sembrano come animarsi e danzare.
Non appena però il sole tramonta definitivamente, scompaiono del tutto. La superficie della pietra sembra liscia e levigata, come se non vi fosse inciso assolutamente nulla. L’impressione che lascia sull’osservatore questo fenomeno è talmente dirompente che qualcuno la ha definito il cinematografo della preistoria. Si tratta di un’illusione ottica molto ben studiata.
C’è anche però chi pensa che fosse in queste particolari condizioni di luce che gli uomini del passato abbiano inciso alcuni peculiari ideogrammi che secondo gli esperti dovrebbero rappresentare il sole e la luna. Infatti molti dei simboli incisi sulle rocce rappresentano anche una raffigurazione del cielo, e quindi non si esclude che potessero servire per le osservazioni astronomiche. In verità, però, nessuno sa a quale scopo siano stati tracciati questi petroglifi.
Dopo che vennero riscoperti nella metà dell’ottocento, colui che li ha studiati più approfonditamente è stato un ricercatore svedese, Gustaf Hallstrom. Questi ha identificato molte delle immagini, alcune delle quali raffigurano anche delle imbarcazioni o uomini che per metà sono animali o per metà sono essi stessi imbarcazioni. Ma la figura più interessante di tutte è quella del Demone.
Il Demone
Popolarmente questo petroglifo viene definito “Demone”, ma non possiamo sapere chi raffigurasse in realtà. Si tratta di certo di una figura antropomorfa, una delle poche tra le altre, che ha delle fattezze molto strane che sembrano più “aliene” che umane. La figura si stende tra due rocce, in mezzo alle quali scorre una lunga fenditura. Al suo fianco oggi possiamo osservare una croce, che però fu incisa in tempi più recenti dai monaci.
Nel XV secolo, infatti, si credeva che quella figura fosse usata per compiere, in tempi molto antichi, dei riti in cui veniva richiesto un sacrificio di sangue che poi colava dentro la fenditura ad alimentare il Demone. Quindi il Demone era considerato un’incarnazione del male da combattere. Ancora oggi l’interpretazione più diffusa è che questa immagine raffiguri un’entità demoniaca.
Questo, di conseguenza, fa dare tante interpretazioni a tutto il complesso di petroglifi del lago Onega. Si favoleggia di grandi raduni, o del fatto che la zona potesse servire come osservatorio astronomico, o come base per riti sciamanici. Come sempre, ciò che colpisce di più è il ripresentarsi di ideogrammi molto simili a quelli trovati in altre parti del globo, anche molto distanti dalla Russia.
E, ancora una volta come sempre, sono due le spiegazioni che ci possiamo dare. La prima, in realtà poco convincente, è di un mero caso che ha portato esseri umani le cui civiltà si sono sviluppate a chilometri di distanza a formulare gli stessi stilemi grafici. La seconda è che vi sia una matrice comune, la cui impronta ha caratterizzato tutte le civiltà del globo. Una civiltà-madre, svanita un giorno come quel raggio di Sole al tramonto, che ha fatto evaporare con sé anche le tracce del suo passaggio. Le quali però a volte, sotto la luna, appaiono ancora con chiarezza.