Quando si avanzano teorie su Atlantide si dà sempre per scontato che nessuno “scienziato” degno di questo nome possa condividerle. Chi afferma questo ignora il fatto che nel corso del tempo ci sono invece stati molti serissimi studiosi che, in quanto tali, hanno aperto la porta sulla possibilità dell’esistenza di una diversa storia dell’umanità. Uno di questi è stato Frederick Soddy, un chimico che non fu solo scienziato ma anche economista e umanista. La sua figura ci ricorda l’importanza dell’interdisciplinarietà, poiché una visione parziale, che attenga ad un unico punto di vista, non può mai considerare le molteplici varianti che un medesimo fattore può assumere.
Chi era Frederick Soddy
Pur avendo vinto un premio Nobel, Frederick Soddy è un personaggio ignoto ai più, e a torto. Non solo contribuì enormemente all’avanzamento scientifico che avrebbe condotto alla scoperta del modo di creare energia nucleare, ma fu anche un fine pensatore. Nato nel 1877 in Inghilterra, restò ben presto orfano di madre. Ricevette un’educazione calvinista, ma non perse mai il desiderio di pensare con la propria testa. Iniziò a pubblicare i suoi scritti quando era ancora giovanissimo, si iscrisse al Merton College di Oxford e intraprese studi in chimica e fisica. Si laureò nel 1898.
Si trasferì in seguito in Canada, dove fu assistente di laboratorio presso l’Università McGill di Montreal. In quegli anni scrisse un trattato in cui ripercorreva la storia della chimica fino a risalire all’Antico Egitto. All’epoca, era sua opinione che alchimia e chimica non avessero nulla in comune, ma in seguito cambiò prospettiva, affermando che l’alchimia costituisse il “logico inizio” della moderna scienza chimica. Tale mutamento è da attribuirsi al fatto che Soddy incontrò a Montreal Ernest Rutherford e si appassionò ai suoi esperimenti sulle sostanze radioattive. Soddy si convinse che la trasmutazione alchemica fosse possibile nella misura in cui un elemento chimico si può trasformare in un altro.
Ebbe inizio allora una proficua collaborazione tra Frederick Soddy e Rutherford, che portò all’elaborazione della teoria per cui i fenomeni radioattivi sono fenomeni naturali di disintegrazione spontanea dell’atomo. Soddy chiamava tale processo proprio con il termine alchemico, trasmutazione. In seguito, Soddy fu il primo ad identificare gli isotopi, che fu lui stesso a chiamare con questo nome, ovvero elementi con diversi pesi atomici ma indistinguibili chimicamente. Per le sue ricerche nel 1921 vinse il premio Nobel. Morì nel 1956, dopo aver visto avverarsi uno dei suoi peggiori timori: la bomba atomica.
Le idee di Frederick Soddy
Fin qui la figura di Soddy potrebbe sembrare semplicemente quella di un accademico che ha trascorso buona parte della sua vita in un laboratorio di chimica. In realtà dietro lo scienziato vi era anche un libero pensatore che osò avanzare nei suoi scritti alcune ipotesi che potremmo definire rivoluzionarie. Una delle affermazioni più controverse fatte da Soddy si trova nel suo libro del 1920 “The interpretation of Radium and the structure of the Atom”. Qui c’è un capitolo dal titolo abbastanza curioso: “Radioattività ed evoluzione del mondo”, con sottotitolo “Radioattività e Mitologia”. Due argomenti che sembrerebbero entrarci ben poco l’uno con l’altro: ma non per Frederick Soddy.
Qui lo scienziato fa riferimento a due immagini molto potenti della mitologia, ovvero al serpente Ouroboros e alla pietra filosofale. Secondo lui sono più che leggende, o immagini simboliche: sono rappresentazioni delle energie che comandano la materia, e che l’uomo solo allora andava riscoprendo. Avanza così l’ipotesi che la storia dell’Uomo sia molto più antica di quanto non si creda comunemente, e che i nostri antenati potrebbero aver avuto conoscenze che erano andate perdute, ma che si andavano poco alla volta conquistando di nuovo. Parla, nello specifico, di una “forgotten race of men”, una razza dimenticata dell’Uomo.
Di certo un passaggio simile in uno scritto di chimica appare abbastanza singolare, e non è nemmeno l’unico. Nel libro “Science and Life”, contemporaneo al precedente, torna sull’argomento con maggiori approfondimenti. Dice che scrivere la storia dell’Uomo dando per scontato che non possa esserci stata nessuna civilizzazione prima di quelle conosciute non è corretto. Potrebbero infatti esserci indizi andati perduti per via dell’enorme quantità di tempo trascorsa. Sconfessa l’idea di un percorso in linea retta, ovvero quello dell’evoluzione e del progresso, per sostenere che un tempo l’Uomo era molto più tecnologicamente avanzato di quanto lo fosse nel presente. Ma poi, per qualche motivo, era “regredito”.
I timori di Frederick Soddy
Le analisi condotte dallo studioso non erano solo oziose. Come abbiamo detto, Soddy era un fine pensatore che amava analizzare ogni questione da svariati punti di vista. Quindi le scoperte che aveva fatto lo avevano indotto a riflettere in maniera più vasta circa le loro possibili implicazioni. Se era vero che un tempo l’Umanità aveva posseduto conoscenze maggiori di quelle attuali, voleva dire che poi le aveva perdute. Quindi doveva essere accaduto qualcosa di catastrofico e terribile che aveva condotto ad un nuovo imbarbarimento. Il timore di Soddy era che ciò potesse ripetersi.
Per quanto non abbia mai fatto menzione di Atlantide, è opinione di alcuni studiosi, tra i quali il dottor Benjamin B. Olshin, che egli potesse avere avuto contatti con la società teosofica, che era particolarmente forte in quegli anni. L’energia atomica che si andava scoprendo avrebbe potuto essere il fantomatico Vril, l’energia cosmica di cui parlava madame Blavatsky. Un fattore che deporrebbe a favore di tale contatto è il riferimento al testo noto come il Libro di Enoch. Qui si narra la storia del Grande Diluvio, che secondo la Blavatsky distrusse Atlantide.
Soddy parla del libro di Enoch nel suo scritto “The story of Atomic Energy” (1949), la sua ultima opera compiuta. Qui sostiene che una dimenticata conoscenza alchemica fosse stata la causa della distruzione del genere umano ai tempi del patriarca biblico Enoch. Il riferimento non è casuale: a quei tempi Frederick Soddy era molto preoccupato dall’impiego in campo bellico dell’energia atomica. E i suoi timori non erano infondati, visto che nel 1945 due bombe atomiche erano state sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, seminando morte e distruzione.
La fine di Atlantide
C’è chi pensa che il racconto di Platone sul continente di Atlantide non fosse che un’allegoria volta ad ammonire l’Uomo contro i rischi che si corrono a superare certi limiti. Secondo Frederick Soddy quel racconto forniva una solida base storiografica a ciò che aveva finito per credere alla luce dei suoi studi. Le scoperte che aveva fatto in laboratorio sull’atomo e sulla materia non erano inedite, ma per qualche motivo erano state dimenticate. Una “perduta razza umana” aveva calpestato la Terra un tempo incalcolabilmente lontano e aveva manipolato forze di cui non avrebbe dovuto abusare.
Ciò ne aveva causato l’estinzione, l’evaporazione: ma in realtà, questo pensavano i teosofi, tali conoscenze non erano evaporate con quegli uomini. Esse sono ancora a nostra disposizione e possono essere nuovamente attinte. Come scriveva Soddy, se l’Uomo avesse ancora accesso a tale sapere potrebbe
trasformare il deserto, disgelare i poli, fare dell’intera Terra un Paradiso Terrestre… esplorare lo spazio ed emigrare verso mondi più ospitali.
Oppure, potrebbe nuovamente autodistruggersi. Ecco perché Frederick Soddy cercò in ogni modo di mettere in guardia il mondo circa la pericolosità dell’energia atomica e di un uso sconsiderato della scienza fisica. I suoi avvertimenti, purtroppo, sembrano essere rimasti inascoltati.