Quando immaginiamo il vecchio barbuto al lavoro a confezionare i suoi pacchi e pacchetti in vista della vigilia di Natale, inevitabilmente al suo fianco immaginiamo uno stuolo di elfi e folletti in calze a righe che si danno da fare per aiutarlo. Ma chi sono davvero gli elfi? In realtà su questi affascinanti personaggi ci sono molte cose da sapere.
Gli Elfi nella mitologia germanica
La prima cosa da sapere è che gli elfi di Babbo Natale, in verità, non hanno proprio nulla a che vedere con gli elfi della tradizione germanica. Gli aiutanti di Santa Claus sono un’invenzione piuttosto recente, che risale al XIX secolo. Sono piccole creature magiche il cui unico ed esclusivo compito è quello di creare i giocattoli per i bambini ( e prendersi cura delle renne di Babbo Natale, ovvio). In questo senso, sono più simili ai folletti irlandesi, che davano una mano ai ciabattini e agli artigiani, nottetempo.
La parola “elfo” invece viene da una radice antica, di origine indoeuropea, che probabilmente si è poi evoluta nell’albus latino. Infatti ha il significato di “bianco“, ma non nel senso del colore della pelle. Bianco era sinonimo di purezza, di bellezza e perfezione. Nella tradizione germanica e dei popoli del Nord Europa, dunque, essi erano creature simili agli esseri umani, ma splendenti, più che umane, dunque.
Purtroppo la loro natura primigenia si è persa per noi in modo forse irrecuperabile. Ben presto, con l’avvento del cristianesimo, le precedenti credenze pagane sono state distorte in modo irreversibile. Gli elfi, in epoca medievale, erano creature malvagie, tanto che ad essi era associata l’origine di alcune malattie.
Divinità diventate folklore
Un po’ come è accaduto con il Piccolo Popolo celtico, si può dire che gli elfi siano delle divinità minori, forse ciò che resta di un antico pantheon “rimpicciolito” dall’avvento del cristianesimo. Sono creature presenti soprattutto nelle leggende norvegesi e scandinave. Gli elfi possono essere buoni o cattivi, bianchi o oscuri. Gli elfi “buoni” vivono a contatto con la natura, amano danzare in cerchio sotto la luna (come le fate inglesi).
Gli altri, quelli malvagi, vivono sottoterra, un po’ come i nani. Gli elfi dunque non sono creature piccole, come le fate, ma del tutto antropomorfe e di dimensioni umane. Secondo i racconti norreni, vivono in un mondo chiamato Alfheim, sono un popolo aggraziato amante della musica e delle cose belle. La loro divinità maggiore, il loro sovrano, si chiama Frey.
La principale fonte di conoscenza che abbiamo su queste incredibili creature viene da uno scritto che si intitola Edda e che fu redatto in Islanda nel XII secolo. In questa opera si cerca di recuperare tutto l’antico retaggio di racconti e credenze pagane ed è in parte in prosa e in parte in poesia. Qui si dice che l’Alfheim è un regno che si trova tra i rami di Yggdrasill, il grande albero della vita, ed è un regno di luce e bellezza.
Gli elfi passarono poi alla mitologia anglosassone: di loro si parla nel “Beowulf“, poema epico risalente all’VIII Secolo. Gli anglosassoni differenziarono gli elfi in molte sotto tipologie diverse, distinguendo tra elfi maschio ed elfi femmina. Anche in questo caso si distingue tra creature benefiche, che aiutano il genere umano, ed altre malvagie, che popolano di incubi i nostri sogni.
Figure mitiche sopravvissute fino ai giorni nostri
Come spesso accade a ciò che un tempo aveva un senso più profondo, gli elfi giunti fino a noi sono un po’ diversi da quelli a cui si credeva molti secoli fa. Ciò che gli uomini moderni non sono spesso in grado di capire è che anticamente, così come accadeva per il popolo celtico, non vi era una distinzione così netta tra immaginario e reale.
Gli elfi erano creature reali, divine, erano l’anello di congiunzione tra questo mondo, concreto e tangibile per l’Uomo, e l’altro mondo, fatto di realtà ineffabili ma non meno importanti. Arrivando ai giorni nostri, invece, gli elfi sono diventati qualcosa di molto diverso. Sono i piccoli aiutanti di Babbo natale, con buffi cappelli pieni di sonagli tintinnanti. Sono personaggi di videogiochi e libri fantasy, con le orecchie a punta e nomi strani.
Colui che ha tentato un recupero filologico della figura dell’elfo è stato John Ronald Reuel Tolkien (1892 – 1973) che fu, prima che scrittore, professore di filologia anglosassone. Tolkien conosceva bene sia l’Edda che il Beowulf, e studiò a lungo la storia della letteratura dei paesi del Nord Europa. Il suo libro più famoso è “Il Signore degli Anelli”, pubblicato negli anni Cinquanta e diviso in tre libri, ma quello che più gli stava a cuore si intitola “Silmarillion”.
Nel Silmarillion si racconta cosa fossero davvero gli elfi: creature divine, che un tempo popolavano il mondo e che avevano poteri straordinari. In seguito lasciarono il posto agli Uomini, privi di poteri ma dotati di altre qualità. La partenza degli elfi da questo mondo coincide con la scomparsa della luce e della bellezza, con la fine di un’Era di Magia.
Davvero è solo fantasia?
Se vogliamo, le storie sugli elfi non sono poi così fantastiche come si potrebbe pensare. Noi sappiamo che un tempo il mondo era tanto diverso da com’è ora, e non abbiano nessuno che ce lo possa raccontare. Esistono solo ricordi antichi tramandati attraverso storie e quello che definiamo “folklore”. In quel folklore forse c’è più verità di quello che possiamo immaginare.
Anche gli elfi ci fanno pensare un po’ agli atlantidi, ad un popolo fatto di luce, amante delle cose belle e capace di produrne. In questa ottica, non dobbiamo smettere di credere a queste creature, solo perché ormai popolano i libri e non più i boschi, come facevano un tempo. Magari anche noi, un giorno, passeremo e qualcuno penserà che non siamo mai esistiti. Ma sarebbe bello se di noi un giorno parlassero ancora le foglie degli alberi, le acque dei fiumi, e le onde del mare, come oggi raccontano degli elfi e delle fate.