Nella zona sud occidentale dell’Asia, nella regione del Laos, si trovano numerosi siti archeologici che da quasi un secolo appassionano gli studiosi. Di recente sono stati fatti nuovi ritrovamenti che hanno reso ancora più fitto l’enigma che i ricercatori cercano di svelare. Ancora non si è capito se i reperti sparsi per chilometri e chilometri fossero enormi coppe o urne: l’affascinante mistero della Piana delle Giare deve ancora essere risolto.
La Piana delle Giare
I primi ritrovamenti vennero effettuati già agli inizi del Novecento, ma fu solo intorno agli anni Trenta che un’archeologa francese, Madeleine Colani, cominciò a fare studi più approfonditi e ad avanzare le prime ipotesi. Nella parte settentrionale del Laos si trova l‘altipiano di XiangKhoang, detto anche del Tranninh. Questo è un luogo molto fertile, caratterizzato da montagne e colline verdeggianti e vaste estensioni di foresta pluviale.
Su questo territorio si trovano dei curiosi manufatti il cui scopo resta ancora ignoto. Si tratta di grandi orci costruiti in pietra, per lo più in arenaria. Hanno forma svasata, più stretta in cime e più larga alla base. Dall’imboccatura sembra che avessero dei coperchi, ma non sono stati ritrovati: si suppone fossero fatti in materiali deperibili, ad esempio in vimini.
All’insieme dei siti archeologici che sono stati rinvenuti poco alla volta è stato dato il nome di “Piana delle Giare”, la quale sono da luglio 2019 è diventata uno dei siti Patrimonio dell’Umanità voluti dall’UNESCO. Oltre alle giare sono stati ritrovati dei dischi decorati sepolti per lo più a faccia all’ingiù. Le giare invece non hanno decorazioni, tranne che in un unico, singolo caso. Questa giara ha un bassorilievo che raffigura un uomo-rana.
Intorno alle giare sono stati ritrovati alcuni monili, altre giare più piccole fatte in argilla (delle sorta di miniature) e resti umani. Si suppone però che gran parte degli oggetti che ci potevano essere siano stati predati nel corso dei secoli. Le giare vengono infatti datate tra il 500 avanti Cristo e il 500 dopo Cristo. Le più antiche risalgono dunque ad oltre 2000 anni fa.
Oltre 400 giare dallo scopo oscuro
I più recenti rinvenimenti nella zona risalgono ad appena pochi anni fa. Nel 2016 gli archeologi Dougald O’Reilly e Nicholas Skopal, provenienti dalla Australian National University, annunciarono di aver trovato ben 15 nuovi siti con oltre 140 giare mai scoperte prima. Questo ha fatto salire il numero complessivo degli enormi recipienti a più di 400, ma soprattutto apre la strada a nuove scoperte.
Chissà quante sono in tutto le giare sparse per il territorio: un territorio difficile da esplorare in quanto costellato anche da bombe inesplose gettate dai soldati Americani tra gli anni Sessanta e Settanta. Questo fatto ha reso sempre molto difficili le operazioni di scavo, e dare una risposta univoca ai molti quesiti che i curiosi manufatti suscitano non è facile.
Ogni giara può essere alta da una cinquantina di centimetri fino a tre metri: alcune sono davvero imponenti e pesano svariate tonnellate. Le cave da cui sono state scavate non sono distanti, ma comunque il trasporto deve aver richiesto uno sforzo improbo. Non si hanno notizie di insediamenti umani sull’altopiano di XiangKhoang nell’Età del Bronzo, quindi non si sa esattamente chi abbia costruito le giare, né come. Sembrano infatti scolpite con utensili di ferro, che però all’epoca non avrebbero dovuto esistere.
L’ipotesi più accreditata, già avanzata a suo tempo dalla Colani, è che questi contenitori fossero delle sepolture. I corpi venivano messi all’interno delle giare per decomporsi e poi essere cremati. Questo spiegherebbe la presenza di resti umani e darebbe una risposta plausibile, ma non del tutto soddisfacente.
Coppe o recipienti per i giganti
I grandi dischi interrati, decorati con cerchi concentrici, figure geometriche o forme animali, sono quindi stati interpretati come pietre tombali. Non si capisce però perché si trovino con la faccia incisa rivolta verso il basso. La spiegazione che viene data alla presenza delle giare dalla gente del posto è molto diversa e affonda – come spesso accade – nella leggenda.
Un tempo vi era un grande sovrano in questa zona del Laos: si chiamava Khun Jeuam, era buono e saggio ed era un gigante. Esisteva anche un altro sovrano, Chao Angka, il quale invece era malvagio ed opprimeva la sua gente. Khun Jeuam perciò gli dichiarò guerra e ci fu una grande battaglia, a seguito della quale il bene trionfò sul male.
Una volta abbattuto il suo avversario, Khun Jeuam decise di festeggiare. Invitò dunque i suoi uomini ad un sontuoso banchetto dove scorrevano fiumi di vino di riso, detto lao lao. Le giare sono le coppe usate dai giganti per festeggiare la vittoria, e sono rimaste in terra, proprio come bicchieri lasciati disordinatamente su un tavolo dopo un lauto pasto.
Naturalmente gli archeologi non prestano alcuna attenzione a questa versione dei fatti, ma hanno avanzato anche un’ipotesi alternativa a quella dei siti di sepoltura. Si pensa che forse le giare servissero a raccogliere l’acqua piovana, che veniva poi bollita e data ai viandanti. L’uso sepolcrale potrebbe essere anche di molto successivo all’effettiva costruzione dei recipienti in pietra.
Un enigma irrisolto
Così come accade per molti altri siti archeologici che a noi moderni non dicono molto, non è facile dare una collocazione precisa alle enigmatiche giare del Laos. Dire con certezza a cosa servissero non è possibile, poiché non abbiamo elementi tali da dare una risposta definitiva. Forse erano davvero luoghi di sepoltura, o forse no. Magari avevano uno scopo che non possiamo neppure lontanamente immaginare.
Delle giare non sappiamo quasi niente. Non sappiamo come vennero costruite e poi spostate nei siti dove si trovano oggi; non sappiamo chi le usasse, o perché. Ignoriamo perché siano state costruite in un numero così elevato, o quale significato avessero le incisioni sui dischi in pietra che non sono coperchi (secondo gli studiosi). Ignoriamo anche perché solo una delle giare rinvenute finora riporti una decorazione.
Forse prestare orecchio alle vecchie storie potrebbe essere utile una volta di più, ovvero capire che possiamo avvicinarci alla verità solo se abbandoniamo il nostro modo di ragionare e cerchiamo invece di recuperare la filosofia di vita dei nostri antenati, che era di certo profondamente diversa dalla nostra. E se quelle giare non fossero affatto giare? Se fossero servite per scopi per noi ormai inattingibili?
Ci resta nella mente l’accattivante immagine di una mano gigante che si abbevera a quelle coppe antiche. Viste dall’alto le giare sparpagliate sembrano i residui di un mondo che più non è e che ha incontrato una fine repentina e caotica. Le ricerche e gli studi proseguono, seppure a fatica, e chissà che tra le giare ancora da scoprire non si trovi un indizio determinante per sciogliere infine questo affascinante enigma.