Il primo libro della Bibbia, la Genesi, racconta di come il primo uomo fu creato. Egli fu messo a vivere in un luogo di grandi delizie. Questo luogo viene chiamato “Paradiso terrestre” e fu precluso in seguito all’umanità per via del peccato che fu commesso da Adamo ed Eva. I due, tentati dal serpente, mangiarono la mela della conoscenza e persero così la loro purezza primigenia.
Da allora le porte del Paradiso Terrestre si sono chiuse. Invano questo luogo di armonia e bellezza è stato cercato da studiosi, filologi e biblisti. Forse però perché si è sempre cercato nel luogo sbagliato. Forse il Paradiso Terrestre giace oggi in fondo all’Oceano, perché altro non era se non la terra benedetta di Atlantide.
La forma del Paradiso Terrestre
La descrizione che Platone fa dell’isola di Atlantide parla di un “monte di modeste dimensioni”. Al centro dell’isola c’era infatti una collina che Poseidone, il primo re di Atlantide, fortificò per farci la sua dimora. Da qui fece sgorgare due fonti di acqua, una calda e una fredda.
L‘iconografia classica con cui viene raffigurato il Paradiso Terrestre prevede la presenza di due fiumi, che si incrociano al centro, e che formano una croce. In questo modo il territorio circostante, che è recintato e a volte è raffigurato come un cerchio, a volte come un rettangolo, viene diviso in quattro parti.
Basta osservare dall’alto uno qualunque dei giardini botanici che vennero realizzati tra il XVI e il XVII secolo per ritrovare questa pianta. Essa ci ricorda anche il modo in cui erano divisi gli accampamenti romani, con il cardo e il decumano che si intersecavano al centro. All’epoca si disegnavano i giardini proprio allo scopo di ricreare la forma perfetta del Paradiso Terrestre.
Curiosamente, però, la stessa pianta la ritroviamo anche nei giardini moreschi. Secondo il Corano, infatti, i musulmani devoti verranno premiati nell’aldilà potendo soggiornare in questo luogo di delizie. Ci sarà acqua che scorre, frutta da mangiare e animali meravigliosi. I quattro fiumi della vita scorrono in questo luogo, intersecandosi.
Il Paradiso Terrestre forse non è un’invenzione
Come spesso accade, la Bibbia recupera nei suoi raccontielementi leggendari che sono presenti anche in altre civiltà e culture. L’esistenza di terre favolose, dove non ci sono né pena nè pianto, dove ci si può nutrire dei frutti della terra senza dover lavorare, si trova in quasi tutte le mitologie mondiali.
Pensiamo ai Giardini delle Esperidi della mitologia greca, dove nascevano mele d’oro. O all’Asgard della mitologia scandinava, che era bagnata da quattro fiumi di latte che sgorgavano verso i quattro punti cardinali. Per gli Indù questo luogo si chiama Svarga, dove c’è la montagna dorata Meru cui sgorgano i quattro fumi primordiali.
I cinesi lo chiamavano Tien-Chan, la montagna celestiale lambita da quattro fonti eterne. Per i buddisti è Sineru, da cui scorrono i quattro fiumi sacri. Per le popolazioni indigene del centro America era Culhuacan, la montagna in mezzo all’acqua.
Ancora una volta, come per il Diluvio, la ricorrenza di descrizioni tanto simili al Paradiso Terrestre in culture molto distanti tra loro non può che condurre ad una conclusione. Non è plausibile parlare di coincidenze. Meglio parlare di un ricordo comune, di una terra ad est per i popoli occidentali, ad ovest per quelli orientali, che veniva descritta come piena di ricchezze e di abbondanza: l’ubertosa Atlantide.
Il Segno della Croce
C’è un altro elemento che permette di trarre questa conclusione. Si tratta di un simbolo che i cristiani associano al martirio di Gesù di Nazareth ma che, come sappiamo, esisteva già molto, molto tempo prima. Si tratta della croce.
La croce è una forma che ricorre già nei primi monumenti megalitici che comparvero sulla faccia della terra. La troviamo tra le mani dei faraoni egizi, nei templi delle foreste del Perù. La croce è un simbolo universale e universalmente considerato sacro. I primi missionari giunti in centro America si stupivano nel vedere che gli indigeni si inginocchiavano davanti alle loro croci.
Quelle persone ovviamente non avevano idea di chi fosse il Cristo, nè avevano mai letto il Vangelo. Per loro la croce era comunque sacra. La croce è la forma che nasce dall’incrocio dei due fiumi, quello di acqua calda e quello di acqua fredda, che sgorgarono dalla montagna di Atlantide. Da Atlantide il segno della croce è arrivato fino ai primi cristiani, in tutte le sue forme possibili e oggi note.
Il Giardino dell’Eden
La parola paradiso viene dal greco παράδεισος e vuol dire letteralmente giardino o parco recintato. Nell’immaginario è dunque un luogo lussureggiante, e per essere tale è necessaria la presenza di molta acqua. Ecco quindi la raffigurazione perfetta di Atlantide, un’isola circondata da acqua che Platone descrive anche come attraversata da innumerevoli fiumi. Inoltre Atlantide viveva grazie ad un complesso sistema di canali di irrigazione.
Atlantide un giorno scomparve, ma chi in precedenza aveva colonizzato il resto del mondo, e chi era riuscito a scampare alla catastrofe, continuò a narrarne la bellezza. Quella bellezza con il tempo trascolorò nel mito. Atlantide divenne una terra mitica, riservata a dei ed eroi o anime sante.
Invece un tempo era solo una terra reale, ubertosa e ricca, ma concreta quanto quella su cui poggiamo i piedi. Gli indizi della sua esistenza sono lì, tra le pieghe dei nostri libri, nella memoria remota e sbiadita, ma non ancora svanita, dei nostri antenati.