Nel folto della foresta pluviale, nella regione peruviana della Madre de Dios, da anni la popolazione indigena degli Harakbut racconta della presenza di un “nume tutelare”. Le leggende parlavano di un grande volto scolpito nella roccia, che era lì da tempo immemore. Si ipotizzava fosse stato realizzato dagli Incas, ma nessuno sapeva chi lo avesse realmente scolpito. Solo nel 2014 c’è stata la riscoperta di questa incredibile opera che gli indigeni chiamano Rostro Harakbut, detta anche volto di Amarakaray.
Nel cuore della foresta pluviale
La cosa strana circa la faccia di Amarakaray è che tutti ne conoscevano l’esistenza, ma nessuno sapeva con esattezza dove fosse. Più che altro, in pochi si erano recati di persona a vederla poiché collocata in un luogo difficilmente accessibile. Nel 2014 però tre diversi enti – Rainforest Foundation, Handcrafted Films e Executor of the Comunmal Reserva of the Amarakaeri (ECA – RCA) – si accordarono per tornare infine a vedere quell’antico volto in pietra, filmando il tutto.
Il risultato è un documentario che arriva dritto al cuore, in posti che nemmeno sospettavi di avere. “The Reunion” parla esattamente di questo, di un ritrovamento, dell’incontro tra il passato e il presente che in pochi posti come tra l’intricata vegetazione della foresta amazzonica sembrano convivere sullo stesso piano. Il motivo di quel viaggio non era puramente accademico: c’erano necessità ben più pressanti, che sussistono ancora oggi.
Il territorio degli Harakbut è messo a rischio della deforestazione, dallo scavo di miniere per l’oro e per il petrolio. I loro villaggi sono rimasti quasi deserti. restano solo gli anziani, perché i giovani vanno altrove, in cerca di fortuna e lavoro. Senza sapere che il loro futuro non può risiedere altrove che dove risiedono le loro radici: un’amara lezione che molti imparano solo a caro prezzo.
Al volto di Amarakaray
Il documentario mostra il viaggio che un gruppo di Harakbut compie seguendo i ricordi degli anziani del villaggio. Prima di partire, e durante il percorso, si fanno benedire dallo sciamano. Come spiega uno degli esploratori, per loro si tratta di molto di più di una semplice escursione. Si tratta di riprendere le fila di un discorso interrotto, di tornare alle origini di una tradizione che non viene più praticata dagli anni Quaranta.
Il Rostro Amarakaray si trova sopra la vallata di un fiume, e domina su una polla d’acqua e una cascata. Se c’è chi sostiene che non sia altro che un fenomeno di pareidolia, ovvero che le rocce siano conformate in modo naturale e che diano solo l’impressione di mimare un volto umano, si sbaglia. Chi è stato sul posto dice che sono evidenti i segni della manipolazione umana, e anche la collocazione del volto non sembrerebbe casuale.
Il volto di Amarakaray domina una sorta di anfiteatro, in attesa dei visitatori. Ha un’aria pensosa, ma non triste. Gli anziani dicono che è lì da sempre. Gli esploratori giungono al suo cospetto in reverenziale silenzio. “Adesso è come se stessimo incontrando i nostri antenati” spiegano “e dobbiamo comportarci in modo che loro siano lieti di accoglierci.” Il luogo, dicono ancora, emana una strana energia. Appare evidente che non sia un posto come un altro.
Il retaggio della Terra
Gli Harakbut sperano che il volto di Amarakaray sia dichiarato Patrimonio dell’Umanità, e che questa impressionante opera del passato possa servire a salvare il loro futuro. A livello archeologico restano aperti molti interrogativi, giacché non sono mai stati condotti studi su questo reperto, vista la sua inaccessibilità. Davvero fu costruita dagli Incas? Aveva uno scopo puramente ornamentale?
Soprattutto, guardando stupiti questa faccia che emerge in mezzo alla foresta come dal nulla, viene da chiedersi quante altre meraviglie abbiano lasciato coloro che sono stati prima di noi. Quante memorie andranno perse quando anche gli ultimi anziani avranno chiuso gli occhi? Quante conoscenze ignoriamo perché le riteniamo poco importanti per il nostro presente. Le culture indigene, sa sempre, sono disprezzate dagli occidentali, ritenute barbare e incivili. Invece in esse risiede la saggezza che potrebbe ancora salvarci.
Barbe d’erba pendono dagli occhi del volto di Amarakaray, il quale non giudica, giacché non è il suo compito, ma si trova lì dov’è per una ragione. Pur muto, la sua voce si alza come il grido della Terra. Mentre la foresta muore, gli animali si estinguono e l’acqua non scorre più limpida come un tempo, è in questi retaggi di un passato remoto che sentiamo rinascere la speranza di potere, un giorno, frenare questa follia e “riunirci” per davvero con quello che avremmo sempre dovuto essere.
A seguire, “The Reunion”.
Fonti:
- https://rainforestfoundation.org/the-reunion-the-rediscovery-of-an-enormous-and-ancient-carved-stone-face-by-the-harakbut/
- https://www.ancient-code.com/the-amarakarei-face-a-supermassive-ancient-face-carved-into-the-stone-cliffs-of-peru/
- https://www.researchgate.net/figure/The-Harakbut-Amana-the-sacred-ritual-place-of-the-Rostro-Image-GTEL-APAR-2015_fig2_328177792
- https://www.monkeyandelf.com/the-harakbut-face-a-supermassive-ancient-face-hidden-deep-in-the-peruvian-amazon/